"Pensavo di migliorare, ma sono tornata da dove sono partita. E la linea retta era un cerchio. Penso che prenderò la strada lunga, perchè tutte le strade in fondo sono la strada lunga, ed io non so se posso girarmi intorno ancora" canta Liz Stokes nel pezzo che apre il nuovo, quarto disco dei suoi Beths.
(just another) pop song
30 agosto 2025
The Beths - Straight Line Was A Lie ALBUM REVIEW
"Pensavo di migliorare, ma sono tornata da dove sono partita. E la linea retta era un cerchio. Penso che prenderò la strada lunga, perchè tutte le strade in fondo sono la strada lunga, ed io non so se posso girarmi intorno ancora" canta Liz Stokes nel pezzo che apre il nuovo, quarto disco dei suoi Beths.
24 agosto 2025
Blush - Beauty Fades, Pain Lasts Forever ALBUM REVIEW
Se c'è un marker stilistico peculiare che contraddistingue il gruppo, probabilmente sta nel suo desiderio di sovrapporre una dolcezza melodica quasi estenuata ad un muro di suono che a tratti è dominato totalmente dalla distorsione.
In qualche modo l'album racconta alla perfezione queste due polarità, che stanno significativamente racchiuse fra il sinuoso singolo X My Heart e le esplosioni quasi emo/metal di Swallowing 999999 Needles.
In mezzo, a mio parere, le cose davvero migliori: la dinamica morbidezza di Heartbreak Café, il power pop di sicura e immediata suggestione emotiva di T.V. Mind e Lover's Speed, la delicatezza melodica piacevolmente obliqua di Ultrablue, e soprattutto il paesaggio tra shoegaze e Cure della lunga e avvolgente Everything Wars Made In Spring.
Rispetto al passato, si sente una evidente spinta produttiva, che ha valorizzato la voce sottile di Soffi e lavorato sul suono pieno, ora esaltante ora disturbante, delle chitarre, che restano saldamente il perno attorno al quale si muovono i Blush.
20 agosto 2025
The Reds Pinks & Purples - The Past Is A Garden I Never Fed ALBUM REVIEW
Il musicista di San Francisco, lo abbiamo detto più volte, è tanto prolifico quanto timido e coerente nel suo difendere a spada tratta la dimensione "da cameretta" del suo progetto The Reds Pinks & Purples, per quanto ultimamente si sia fatto vedere anche dal vivo con una vera band.
Nel florilegio di produzioni che caratterizzano Glenn (che scrive anche di musica, fra l'altro), questo The Past Is A Garden I Never Fed è una raccolta di canzoni già edite digitalmente qua e là, che per la prima volta sono messe insieme in forma di album. Il fatto eccezionale - ma non così tanto se conoscete già Donaldson - è che non si tratta di un pugno di b-sides più o meno scartate, ma di pezzi di primissimo piano, alcuni davvero imprescindibili nella carriera di THP&P (prendete giusto la opener The World Doesn't Need Another Band, a dir poco antemica nel suo sfrigolante nichilismo).
Al di là del fatto assodato che ormai Glenn sia una vera istituzione indie pop, non diremo mai abbastanza quanto sia soprattutto la sua scrittura ad avere qualcosa di miracoloso. Il filo che TRP&P porta avanti origina da qualche parte dalle parti della California dei Byrds, e idealmente si dipana nei decenni attraverso cose anche apparentemente distanti (ma in realtà no): i primi REM, l'indie americano dei '90 (Lemonheads, Dinosaur Jr...), il jangle pop della Flying Nun, i Cure più melodici, le distorsioni avvolgenti dello shoegaze. Con in più un'(auto)ironia deliziosamente situazionista nelle liriche (e nei formidabili titoli) che contribuisce a rendere il tutto terribilmente leggero ed immediato.
Nei quattordici episodi del lotto c'è davvero un'antologia ampia ed essenziale del mondo poetico e sonoro di Glenn: cose più potenti e quasi ruvide (My Toxic Friend), perfect pop songs elettro-acustiche alla The Bats (I Only Ever Wanted To Sei You Fail), quadretti obliqui e colorati (Slow Torture of an Ourly Wage), dolenti carezze jangly (Trouble Don't Last), accorate confessioni notturne (There Must Be A Pill For This) e quei paesaggi scampanellanti di brezza di cui solo lui è capace (Your Taste Makes You Strange, Marty as a Youth...). Un'antologia a suo modo varia, compatta e baciata da quell'eccezionale e difficilmente spiegabile senso di "grazia" che promana da ogni cosa che Glenn suona (sostanzialmente da solo), produce (da solo) e pubblica.
17 agosto 2025
Absolutely Yours - Mirror Maze ALBUM REVIEW
Però certe scoperte, specialmente se tardive, sono in realtà sempre un grande regalo, perchè poi danno l'opportunità di ricostruire cosa c'era prima. Nel nostro caso, il gruppo guidato da Bridget Collins ha cominciato a suonare (a Brooklyn) almeno da dieci anni e, come dicevamo, ha diversi dischi all'attivo.
Walked In Te Garden, il pezzo che apre Mirror Maze, è l'esca a cui sono rimasto immediatamente invischiato: un incrocio formidabile fra il dream pop etereo alla Hazel English / Day Wave, l'algida dolcezza retrò dei Club 8 e l'avvolgente rigore jangly dei Fear Of Men. Un'intera tiepida marea di chitarre scampanellanti con al centro la voce di Bridget che è come una carezza.
Se Field Of Nothing ha l'aria leggerissima di tanto indie pop svedese (Acid House Kings, ...), con un delizioso contrasto fra la ritmica torrenziale e la morbidezza totale dell'intorno, I Didn't è l'altro pezzo davvero memorabile del lotto, più notturno nell'umore e con una chitarra languida che fa da contrappunto.
The Comet e Sweet Surprise poi ricordano le cose più delicate e dinamicamente mesmeriche dei Luxembourg Signal: l'eleganza ipnotica e la ricchezza dell'impasto sonoro indicano in effetti che la band di Beth Arzy è forse in definitiva quella che stilisticamente si avvicina di più al mondo degli Absolutely Yours.
L'intima ed eterea Fault Line e la soffusa purezza acustica sospesa nel tempo e nello spazio di The Graden chiudono un disco dalla bellezza sorprendente, fragile e complessa al tempo stesso.
14 agosto 2025
Autocamper - What Do You Do All Day ALBUM REVIEW
11 agosto 2025
Bleach Lab - Close To The Flame EP REVIEW
Dopo la consacrazione definitiva del loro album di debutto, Jenna Kyle e compagni tornano a sorpresa con un nuovo ep, questo Close To The Flame, che contiene cinque pezzi perfettamente "alla Bleach Lab": romantici e scenografici, levigatissimi e quasi patinati nella confezione, malinconici e catartici nel loro essere notturni e super melodici, ricchi di quel retrogusto 80's che oggi è ovunque ma i quattro inglesi trattano come una parte essenziale del proprio dna.
Lo stile che il gruppo di Londra si è costruito in questi anni è in fondo esattamente questo e, se possibile, viaggia a vele spiegate verso una dimensione che è sempre meno indie e sempre più apertamente pop, fragorosa nella sua esuberanza elettrica come ci si aspetta da loro (l'esplosione di I Could Be Anything fa effetto, eccome), ma al contempo orientata verso un'iper produzione che punta a sparare luci da ogni nota e a far emergere con prepotenza (e giustamente) il fascino vocale di Jenna.
Può anche darsi che in termini di purezza qualcosa si sia perso dalle prime cose, ma poi a ben vedere Drown è una canzone pazzesca che ti viene voglia di ascoltare a nastro per dieci volte consecutive, Feel Something ha una dinamica ed una tridimensionalità di suono di cui solo i BL al momento sono capaci e In Your Arms ti getta in braccio ad un romanticismo che è quasi eccessivo ma alla fine dei conti non può non piacerti.
08 agosto 2025
Allo Darlin' - Bright Nights ALBUM REVIEW
Quando, nel 2016, gli Allo Darlin' annunciarono ufficialmente il loro scioglimento dopo sei anni di piccoli grandi successi nella scena indie pop, dichiararono chiaro e tondo che l'amicizia fra di loro era più importante del comune "business" come band: insomma sarebbero rimasti in contatto, ma non avrebbero più suonato insieme.
Per un decennio hanno tenuto fede a quelle parole. Elizabeth Morris, che la band l'ha fondata dopo avere acquistato un po' per caso l'ukulele che sarebbe diventato così peculiare nel suo songwriting, si è spostata da Londra prima in Italia per insegnare inglese e poi in Norvegia per mettere su famiglia con il musicista Ola Innset. Bill Botting è tornato nella natia Australia. Michael Collins e Paul Rains sono rimasti in UK a vivere le loro vite.
Poi la pandemia ha reso più facili le relazioni a distanza e Zoom ha agevolato una reunion che evidentemente tutti e quattro desideravano. Qualche data nel '23 non ha che fatto capire che l'amicizia era rimasta intatta, ma che la band era parte stessa di quella amicizia.
Bene. Bright Nights è quindi il quarto album della band anglo-australiana, e riparte da un lato esattamente dove il discorso si era interrotto, mentre dall'altro mostra per forza un gruppo che per forza di cose non è più formato da ventenni spensierati, ingenui ed entusiasti.
La magia degli Allo Darlin' è sempre stata un mix straordinario di elementi: la scrittura limpida e riconoscibilissima e la voce rotonda e cristallina di Elizabeth, l'intreccio elettro-acustico, jangly e propulsivo delle chitarre, la dimensione narrativamente vitale delle liriche, l'adesione totale all'estetica twee, la semplicità e intelligenza melodica di ogni pezzo, l'impasto sonoro perfetto dei quattro membri della band, la capacità di farsi depositari di una intera tradizione indie pop senza darlo a vedere, con la sorniona nonchalance di chi sa di essere bravo ma più di ogni altra cisa si vuole divertire.
In Bright Nights c'è tutto questo, perché gli Allo Darlin' questo sanno fare e non se lo sono certo dimenticato. Non c'è la prodigiosa sfrontatezza melodica né lo spirito da gioiosi globetrotter dei primi due album, ma è scontato che sia così.
Nei dieci amabili, freschi ed equilibratissimi pezzi del disco emerge maggiormente quel coté folk che è sempre stato sotteso alla loro musica e che ora sta sempre ben in rilievo. Non a caso l'incipit dell'album non è affidato - come è stato nel passato - a dei pezzi più elettrici ed arrembanti, ma alla ballata acustica Leaves In The Spring, che risplende di un intimismo totalmente cantautorale e mostra, se ce ne fosse ancora bisogno, di quale finezza di tocco sia capace Elizabeth Morris.
Gli Allo Darlin' più "tradizionali" partono al minuto 1 di Tricky Questions, quando ritroviamo quel floreale carillon di chitarre jangly, basso e batteria che è stato sempre il marker stilistico della band.
My Love Will Bring You Home è forse il segno più evidente della "maturità" della band: è senz'altro il pezzo più incisivo dell'album, ed assomiglia più in verità al folk pop raffinato e limitatissimo dei Quivers che ai singoli uptempo un po' scanzonati dei primi album. Ad ogni modo è una canzone folk da brividi, commovente per quello che dice (è dedicata alle figlie di Elizabeth) e per come lo dice, memorabile non meno dei grandi classici della band.
Se vi aspettate che l'album acceleri sul pedale uptempo resterete delusi. Tutto, da Northern Waters in giù, manifesta una scrittura che appare davvero casalinga, intima e "familiare", quasi interamente in punta di plettro, dove l'unica sorpresa è la (bellissima!) voce di Bill Botting nella ballata quasi country You Don't Think Of Me At All e l'adorabile tenerezza twee tipica degli Allo Darlin' è affidata a pezzi di soffusa e innegabile bellezza come Cologne e Slow Motion e al folk in purezza di Bright Nights.
E' stato un piccolo miracolo questo ritrovarsi da amici / musicisti e, a dispetto del tempo passato, ci ha ribadito quanto la band anglo-australiana sia stata (sia!) una pietra miliare nell'indie pop, ancora capace di regalarci leggerezza ed emozioni.
05 agosto 2025
Sourmilk - A Collection Of Absurd Ideas ALBUM REVIEW
01 agosto 2025
Fragile Animals - Tourist EP REVIEW
Nel 2023 l'uscita dell'album di debutto dei Fragile Animals mi aveva talmente colpito che alla fine dell'anno Slow Motion Burial era finito tranquillamente nella lista ristretta dei dischi dell'anno.
28 luglio 2025
Lightheaded - Thinking Dreaming Scheming! ALBUM REVIEW
Avete il nuovo dei Jeanines in rotazione da giorni e fate fatica ad allontanarvene? Vi capisco. Ma vi consiglio subito un altro disco che vi farà impazzire, e che - sì sì è così - è quasi più bello di quello di Alicia e Jed.
Cynthia Rittenbach e Stephen Stec hanno fondato i Lightheaded (oggi un quintetto) quasi dieci anni fa nel New Jersey, ma hanno pubblicato solo un ep e un album prima di questo Thinking, Dreaming, Scheming!, che già dalla copertina fanzine-style grida indie pop a tutto spiano.
In realtà, lo diremo poi, il disco è una somma di un ep nuovo e un ep vecchio, ma - specialmente se scoprite i Lightheaded solo ora - è un'ottima soluzione per entrare con tutti i piedi nel loro mondo atemporale.
Partiamo dai già citati Jeanines. Non c'è dubbio che i Lightheaded ne condividano l'etica e l'estetica, per così dire, facendo in sostanza parte della stessa scena e della stessa label (che è la Skep Wax di due leggende viventi come Amelia Fletcher e Rob Pursey), ma al contempo interpretano il genere con un'attitudine meno essenziale e con un retrogusto sixties molto più evidente, simile a gruppi come The Aislers Set.
Same Drop, il pezzo che apre il disco (il lato A, quello nuovo), basterà probabilmente a farvi innamorare per sempre dei Lightheded. Siamo decisamente nel territorio scintillante dei girl groups alla Phil Spector, dei tambourines che sferragliano in aria, delle melodie di zucchero filato, ma anche in quello dei primi Belle & Sebastian, con un uso formidabile del violoncello e della tromba che sembra veramente una citazione degli scozzesi. Che meraviglia!
La successiva The Lindens, The Lindens, The Lindens! ci porta dentro una gioiosa danza vagamente hippy (un po' Fairport Convention), che rallenta e accelera continuamente.
Me and Jessica Fletcher alza i giri e lo fa, giustamente, nello stile anorak post punk dei Talulah Gosh o dei Tender Trap (ed è un omaggio doveroso e sorridente alla regina dell'indie pop).
The View From Your Room ha quell'aria sghemba e centrifuga, soffice e puntuta al tempo stesso, che piace tanto agli Alvvays e già da sola merita applausi per la sua architettura sonora.
Crash Landing Of The Clod sembra una outtake del primo album dei Camera Obscura, morbida, avvolgente ed obliqua come sapeva essere la band scozzese.
Con Mercury Girl inizia la side B dell'album, che in realtà è nient'altro che l'ep Good Good Great già edito nel 2023. L'episodio citato è il cuore pop di tutto il disco ed è un pezzo davvero peculiare oltre che ambizioso: sensuale a suo modo, e al contempo ironico, con una allure decisamente brit. Ecco, è qui che i Lightheaded evidenziano una notevole distanza dall'essenzialità lo-fi di tante band di genere (siamo partiti dai Jeanines) e puntano invece a creare un suono pieno (c'è davvero un florilegio di strumenti e cori) in cui è dannatamente piacevole immergersi.
Una delizia come Orange Crimsicle Head - anche qui splendidi archi che ingentiliscono una struttura cantautorale acustica - ci riporta ancora nello stile di Tracyann Campbell (e ci fa venire un botto di nostalgia di quella scena lì).
Se The Garden è una filastrocca folk giocosa, Patti Girl è una indie pop gem super frizzante che potrebbe venire tanto da una band della Sarah quanto dalla penna di uno Stuart Murdoch. E la geniale, (anti)romantica, malinconica e magnificamente retrò Love Is Overrated è la conclusione ideale per un'infilata di canzoni che non può che lasciare a bocca aperta.
Album imprescindibile! Difficile immaginare di stare senza...