Non è facile percorrere una via "classica" al cantautorato, senza finire vittima della logica del "somiglia a". L'australiana Esther Edquist ha iniziato così qualche anno fa, prendendo canzoni da altri e spogliandole fino a lasciare al centro la sua voce, che è indubbiamente bella, profonda, sensuale, matura.
La scrittura ovviamente è una faccenda più complicata, e comporta anche una scelta del campo in cui si vuole giocare: quello del pop, per quanto raffinato, oppure quello più frequentato e più difficile della musica per appassionati. Le potenzialità di Sweet Whirl sono indubbiamente pop, per capacità e fascino immediato, tuttavia How Much Works, il suo album di debutto, percorre la strada più impervia. Quella che parla in fondo la stessa lingua musicale di tante artiste delle chart (che non nomino), ma lo fa sottovoce, con un'intima ricerca leggermente obliqua, e non cerca mai il ritornello memorabile.
Le dieci canzoni dell'artista di Melbourne sono altrettante piccole perle da scoprire piano piano, senza fretta, accompagnati dalla voce splendida di Esther e da arrangiamenti di elegantissima essenzialità (il pianoforte, un'acustica gentile, una elettrica effettata, un organo, una ritmica di densa delicatezza).
29 maggio 2020
Sweet Whirl - How Much Works ALBUM
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19 maggio 2020
Jetstream Pony - Jetstream Pony ALBUM
A tutti gli effetti questo omonimo dei Jetstream Pony è un album di debutto. Ma come si fa a parlare di debutto davanti al curriculum pazzesco dei membri della band? Beth Arzy (Aberdeen, Trembling Blue Stars, Luxembourg Signal...), Hannes Mueller (The BV's), Kerry Boettcher (Turbocat), Shaun Charman (The Wedding Present, Popguns...). C'è praticamente un pezzo di storia (e di presente) dell'indie pop nel quartetto ora basato a Brighton, e i singoli ed EP già usciti nei mesi scorsi avevano fatto presagire che i quattro veterani hanno in realtà ancora lo spirito dei ragazzini.
E anzi, gli 11 pezzi del disco spingono ancora di più sull'acceleratore, metendo insieme con un dinamismo vigoroso trame jangly e muri elettrici, melodie di luminosa rotondità e armonie vocali, ruvide memorie post punk e carezze dream pop. Quello che sorprende - ma forse non dovrebbe - è la freschezza con cui i Jetstream Pony riescono a fare tutto. Tuttavia quando siamo davanti a gente che maneggia l'indie pop con tanta esperienza, e insieme con tanto entusiasmo, il risultato non può che essere eccezionale.
E anzi, gli 11 pezzi del disco spingono ancora di più sull'acceleratore, metendo insieme con un dinamismo vigoroso trame jangly e muri elettrici, melodie di luminosa rotondità e armonie vocali, ruvide memorie post punk e carezze dream pop. Quello che sorprende - ma forse non dovrebbe - è la freschezza con cui i Jetstream Pony riescono a fare tutto. Tuttavia quando siamo davanti a gente che maneggia l'indie pop con tanta esperienza, e insieme con tanto entusiasmo, il risultato non può che essere eccezionale.
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13 maggio 2020
Eve Owen - Don't Let The Ink Dry ALBUM
Non è facile cogliere in poche parole la complessità dell'album di debutto della londinese Eve Owen. Ad un primo approccio potrebbe essere accostata a cantautrici dal forte intimismo emozionale, come Sharon Van Etten, Gemma Hayes o Julien Baker, a tratti persino a Florence (Mother per esempio). Poi però, nelle variegate trame del disco, prodotto da Aaron Dessner dei The National con un lavoro durato pare tre anni (e 40 pezzi, quindi quella che abbiamo davanti è davvero una selezione del meglio), sono presenti tante anime che punatano in direzioni leggermente diverse.
Il punto di raccordo è ovviamente la voce intensa di Eve, che riesce ad emergere luminosa qualsiasi sia la soluzione sonora che le viene costruita intorno, che sia l'essenzialità nuda di un pianoforte, delle chitarre ruvide di ascendenza indie, un sobrio impianto elettronico o una elaborata quinta orchestrale. Le canzoni stesse sono di alto livello, per scrittura e per efficacia. Più riuscite - a mio personalissimo parere - dove il lato sperimentale viene lasciato da parte e possono brillare della loro quieta energia espressiva. Lì, al di là della meraviglia per la ambiziosa confezione musicale, viene fuori con evidenza il talento di un'artista che mostra fin dal suo esordio una personalità vigorosa.
Il punto di raccordo è ovviamente la voce intensa di Eve, che riesce ad emergere luminosa qualsiasi sia la soluzione sonora che le viene costruita intorno, che sia l'essenzialità nuda di un pianoforte, delle chitarre ruvide di ascendenza indie, un sobrio impianto elettronico o una elaborata quinta orchestrale. Le canzoni stesse sono di alto livello, per scrittura e per efficacia. Più riuscite - a mio personalissimo parere - dove il lato sperimentale viene lasciato da parte e possono brillare della loro quieta energia espressiva. Lì, al di là della meraviglia per la ambiziosa confezione musicale, viene fuori con evidenza il talento di un'artista che mostra fin dal suo esordio una personalità vigorosa.
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