Non è facile percorrere una via "classica" al cantautorato, senza finire vittima della logica del "somiglia a". L'australiana Esther Edquist ha iniziato così qualche anno fa, prendendo canzoni da altri e spogliandole fino a lasciare al centro la sua voce, che è indubbiamente bella, profonda, sensuale, matura.
La scrittura ovviamente è una faccenda più complicata, e comporta anche una scelta del campo in cui si vuole giocare: quello del pop, per quanto raffinato, oppure quello più frequentato e più difficile della musica per appassionati. Le potenzialità di Sweet Whirl sono indubbiamente pop, per capacità e fascino immediato, tuttavia How Much Works, il suo album di debutto, percorre la strada più impervia. Quella che parla in fondo la stessa lingua musicale di tante artiste delle chart (che non nomino), ma lo fa sottovoce, con un'intima ricerca leggermente obliqua, e non cerca mai il ritornello memorabile.
Le dieci canzoni dell'artista di Melbourne sono altrettante piccole perle da scoprire piano piano, senza fretta, accompagnati dalla voce splendida di Esther e da arrangiamenti di elegantissima essenzialità (il pianoforte, un'acustica gentile, una elettrica effettata, un organo, una ritmica di densa delicatezza).
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