30 marzo 2017

Holy Now - Please Call Me Back [EP Review]

A meno di un anno di distanza dal pregevole debutto Sorry I Messed Up, gli svedesi Holy Now tornano con un nuovo EP, ben intenzionati a confermare l'ottima impressione che avevano dato all'esordio.
Lo psych pop dinamico, variegato ed ambizioso della band di Goteborg portava già impresso un notevole grado di riconoscibilità, fondato soprattutto sulle ritmiche spedite e complesse, su un sapiente lavoro sul suono delle chitarre e infine sulla personalità vocale di Julia Olander, vera anima del gruppo. 
Non ci sono novità stilistiche nelle 4 nuove canzoni di Please Call Me Back, ma è evidente che gli svedesi hanno cementato ancora di più la loro intesa, rafforzando - pezzo dopo pezzo - quell' Holy Now sound di cui ci siamo innamorati al primo ascolto l'anno passato. 
Bastano i cinque intensi travolgenti minuti di Dead End per farsi un'idea precisa del talento di Julia e compagni. E sono parimenti significativi gli otto (otto!) minuti di Waiting per rendersi conto di quanto gli Holy Now siano insofferenti alla dimensione canonica della three minute song, divertendosi a costruire a strati le proprie canzoni e a lasciarle libere di svilupparsi tra crescendo e potenti code strumentali, rallentamenti e riprese, in grado di parlare insieme il linguaggio dell'indie pop (con le sue chitarre jangly, con la sua sfrontatezza melodica - sentite il gran finale di Wishlist ad esempio) e quello della psichedelia. 
Una forte conferma. 



25 marzo 2017

The Hundredth Anniversary - Sea State Pictures [ALBUM Review]

Ci sono parecchie cose in comune tra gli Hundredth Anniversary e i ben più celebri Fear Of Men. Innanzitutto la formazione a tre con una cantante femminile, senza dimenticare che entrambi i gruppi sono stanziati a Brighton. Ma non è tutto qui. C'è, nelle canzoni di Sea State Pictures, primo vero album della band dopo una serie di EP, la stessa vena dolceamara, eterea ed inquietante che anima lo stile della band di Jess Weiss. Una sintonia di toni che fa forza su un equilibrato mix di rigore formale e delicatezza melodica, che nella proposta di Eleanor, Dem e Chris ha acquisito con il tempo indubbie capacità di strutturazione dei pezzi e che, a differenza dei concittadini, non insiste sul lato algido e mesmerico ma va sempre alla ricerca del crescendo emotivo. 
Già dall'iniziale After I Was Thrown In The River è chiaro che gli Hundredth Anniversary sunonano una originale sorta di dream pop essenziale, dove i tempi sono dilatati, le ritmiche squadrate e tutto si fonda sulla perfetta dialettica tra la voce calma di Eleanor e due chitarre che intrecciano atmosferica energia e melodia. Quando poi - come nella successiva Pour - i ritmi si fanno più incalzanti ed emergono fitte trame jangly, l'album prende decisamente quota e non atterra più. Il resto è un sapiente alternarsi di momenti meditativi (la romantica malinconia di River Unwelcome, la ballata notturna I'm Dead I'm Dead), complesse spire di morbida sensualità (Knife, Lapsed), formidabili crescendo che spuntano dal nulla (End Of Summer, il capolavoro del lotto), e così via, in una coinvolgente altalena che in poco più di mezz'ora di musica mette una seria ipoteca su quale sarà l'album migliore dell'anno.
Sono dei fuoriclasse: non perdeteveli!



 

19 marzo 2017

When Nalda Became Punk - Those Words Broke Our Hearts [EP Review]

Sono passati più di quattro anni da quando A Farewell To Youth fece conoscere un gruppo spagnolo dal bizzarro nome When Nalda Became Punk. Era un album all'insegna di un indie pop variopinto e deliziosamente uptempo, pieno di piccole grandi idee e forte di un talento furi dall'ordinario, che abbiamo ritrovato con gioia in un EP del 2014 dal titolo programmatico Indiepop Or Whatever!
Da allora di Elena Sestelo e compagni si erano perse le tracce, fino a questo ritorno sostanzialmente inatteso. 
E che ritorno! Le sei tracce di Those Words Broke Our Hearts ci mostrano il quartetto di Vigo in forma straordinaria, piazzando una dopo l'altra una serie di gemme di energetica e contagiosa esuberanza. Episodi come Hanging Out With Imogen, Long Before, New Years Day (ma le potremmo citare davvero tutte) possiedono lo spontaneo e travolgente vigore melodico dei primi Pains Of Beeing Pure At Heart, mettendo insieme immediatezza e ricchezza sonora nella struttura di altrettante three minute pop songs dove chitarre jangly, riverberi, synth, ritmiche veloci in quattro quarti e armonie vocali si tengono insieme con perfetta efficacia. 
Per ora, una delle uscite migliori dell'anno. Imperdibile. 

13 marzo 2017

Funeral Advantage - Please Help Me [EP Review]

Già dall'esordio Body Is Dead, uscito un paio d'anni fa, il nome Funeral Advantage si è impresso indelebilmente nel gotha del dream pop americano. Nell'album il bostoniano Tyler Kershaw, titolare unico del progetto e dotatissimo multistrumentista, aveva dichiarato una cifra stilistica peculiare e riconoscibile, improntata ad un mix di morbidezza melodica e di un suono talmente pieno, stratificato e levigato da far pensare ad una sorta di horror vacui indie pop. 
Le sei canzoni dell'EP odierno, intitolato Please Help Me, ci mettono davanti con compatta evidenza una studiata fotografia in chiaroscuro, dove una malinconica introversione (evidente nelle tematiche dei pezzi) trova invece una sorta di catarsi pop in una costruzione sonora ancora più ricca rispetto al passato, che ad un primo ascolto si direbbe addirittura solare, se non contenesse un'anima decisamente inquieta.
Non c'è episodio che non abbia intricati e formalmente perfetti grovigli di chitarre, poderose e tutto sommato essenziali dinamiche di basso e batteria, e soprattutto avvolgenti e atmosferici bordoni di synth: emozionali cattedrali dream pop, una accanto all'altra, senza soluzione di continuità, imbastite attorno a melodie di sicura efficacia, impreziosite dalla voce gentile di Tyler. 
Tutto impeccabile. Tutto illuminato. Tutto molto bello. 
Una sicura conferma. 


08 marzo 2017

Ghost Transmission - Echoes [ALBUM Review]

Basta ascoltare poche note di Don't Feels Like Home Anymore, il pezzo che apre l'album di debutto degli spagnoli Ghost Transmission, per capire che la band di Valencia deve essere cresciuta a pane e Jesus & Mary Chain. Il che di per sè non può che essere un primo punto a loro favore.
Inoltre - particolare che farà felici molti - a differenza della maggioranza dei gruppi indie pop iberici, i Ghost Transmission scelgono di usare liriche in inglese, dando al loro esordio un'allure internazionale che non guasta.
Le dieci canzoni di Echoes disegnano i contorni di un noise pop che sta saggiamente a metà tra numeri più morbidi e sognanti ed altri decisamente più aggressivi e taglienti (I'll Kill Your Mark), ma in verità offre le sue cose migliori tra i primi, quando le due voci maschile e femminile si appoggiano con delicatezza su paesaggi dilatati di riverberi elettrici e la melodia si dipana placida lungo scie zuccherine. 
E' il caso delle ruvida dolcezza che anima Hit The Road, delle nude armonie vocali di Lustful And Ebony Eyes, della psichedelia gentile di If You Take Your Pride, e soprattutto delle scintillanti spirali shoegaze di Echoes Of You, puro gioiellino del disco e incontro ideale fra la lezione degli Slowdive e quella dei My Bloody Valentine. 
Consigliato.


 

02 marzo 2017

Business Of Dreams - Business Of Dreams [ALBUM Review]

Già chitarrista della band punk-pop californiana Terry Malts, Corey Cunningham ha aperto i Business Of Dreams come side project personale, in cui sostanzialmente fa tutto da solo.
Rispetto al gruppo in cui suona, qui il musicista originario del Tennessee mantiene intatto il coté di immediatezza melodica, ma elimina ogni ruvidezza per puntare ad un synth pop programmaticamente piantato negli anni '80, impreziosito da eleganti chitarre jangly e reso semplicemente dinamico da una essenziale drum machine
Fin dall'iniziale Repossessed, e poi attraverso gioiellini come Joyride e Born Of No Class, Cunningham mostra di conoscere bene la lezione del post punk di fine '80, e di apprezzare non poco lo sperimentalismo tenue degli ultimi The Field Mice. A tutto aggiunge un tocco acustico di misurata e intimistica malinconia (To Be Exact, Turning Away, She Grew And She Grew) e qualche paesaggistica pennellata di jangytronica nello stile di Azure Blue (Bottom Feeders). 
Nel complesso non c'è un singolo episodio dell'album d'esordio di Business Of Dreams che faccia gridare al miracolo, ma si tratta senza dubbio di un lavoro intelligente, equilibrato,  piacevole, convincente dal primo al nono pezzo del lotto.