30 ottobre 2020

Peach Kelli Pop - Stupid Girl EP

Allie Hanlon non è certo una debuttante sulla scena indie pop. Ha all'attivo almeno 4 album e diversi singoli ed EP con il nome Peach Kelli Pop. Da almeno un decennio la musicista di Ottawa si dedica ad un guitar pop artigianale e colorato, venato da una primigenia energia punk e sempre delicatamente ironico.

Quando era adolescente - dice la Hanlon - non andava per nulla bene a scuola, e Stupid Girl, il pezzo che dà il titolo al suo nuovo EP, è in fondo un modo per esorcizzare la sensazione di essere stata la classica loser del liceo, interessata più a quelle che gli altri definivano "stupide canzoni" che alla moda e al "successo". 

Rispetto anche all'ultimo album, uscito due anni fa - che era comunque pieno di pezzi spigliati e piacevoli - la qualità della scrittura e della produzione di Peach Kelli Pop sembra sensibilmente migliorata. Tutti i 4 episodi dell'EP sono super orecchiabili nel modo più intelligente, solare e sincero possibile e ti rimangono incollati addosso dopo un paio di ascolti. 

26 ottobre 2020

Flying Fish Cove - Viridian EP

Seguo la band di Dena Zilber (oggi in sostanza un duo con Jake Jones) da diverso tempo e conosco bene le sue doti di raffinato artigianato indie pop dalla dimensione assolutamente casalinga (l'album uscito l'anno scorso mi era piaciuto molto).

I quattro pezzi del nuovo EP quindi non mi sorprendono affatto con la loro deliziosa, assolutamente adorabile e un po' sghemba essenzialità. Viridian, il pezzo che dà il titolo alla raccolta, è forse il più complesso e oggettivamente pregevole del lotto, ma a mio gusto personale sono gli altri tre che ascolto e riascolto e riascolto ancora più volentieri. 

La voce di Dena non è mai perfettamente intonata, ma questo non è per nulla un difetto, anzi: è uno dei tratti caratteristici e personali dei Flying Fish Cove, insieme alle chitarre jangly, all'uso un po' bizzarro dell'omnichord e in generale alla struttura cantilenante e irresistibile di ogni loro canzone. Magic 8 Ball, che sembra uscito da una session dei primissimi Belle & Sebastian, è uno dei miei pezzi-ossessione di quest'anno.

22 ottobre 2020

Hazel English - Wake UP! ALBUM

Mi capita a volte - tra i tanti ascolti che mi occupano ogni settimana - di dimenticare qualche album per strada. E' il caso di Wake UP!, disco d'esordio di Hazel English uscito la primavera scorsa - che poi vero esordio non è perché un paio d'anni fa aveva già messo insieme i due EP Just Give In / Never Going Home, raccogliendo una serie di singoli vecchi e nuovi di straordinario fascino.

Hazel, ne abbiamo già parlato all'epoca con entusiasmo, è una musicista australiana trapiantata in California e fin dal suo debutto ha lavorato a perfezionare una sua personale via al dream pop, fatta di atmosfere ariose e riflessi baluginanti, dense e delicate trame di synth e chitarre, sulle quali la sua voce di seta si deposita come una piuma portata dalla brezza. 

Per il nuovo album, che rifulge di un'ambizione evidente, la English ha abbandonato la dimensione artigianale degli esordi e ha optato per una produzione pop di livello. L'anima gentile e sognante delle sue prime cose non se n'è affatto andata, anzi, ma le canzoni di Wake UP! si esaltano oggi con arrangiamenti di una eleganza ricercata e levigatissima, che non eccede mai la misura ma riveste la spontanea immediatezza di ogni pezzo con l'abito più adatto. 

Il risultato è così sorprendente che - nel complesso - si fa quasi fatica a riconoscere la stessa timida ragazzina la cui voce un tempo quasi scompariva dietro lo scampanellare delle chitarre e che oggi veste come Audrey Hepburn in copertina, balla nel video di Five And Dime e si muove a perfetto agio ricopiando il proprio stile nella cornice scintillante di un sixties pop rivissuto con un esplosivo misto di autoironia e voglia di stupire. 

Funziona davvero tutto, nei dieci episodi dell'album, quasi a dimostrare che - quando la scrittura è così sicura e disinvolta e il talento usato con intelligenza - si può giocare con il concetto stesso di pop attraversandone pezzi di storia e schemi di genere e riuscendo ugualmente a risuonare di onestà ed emozione. Con in più una sfrontata e sorridente immediatezza che quasi ovunque - nei singoli Wake UP! e Off My Mind è chiaro e lampante - travalica i confini dell'indie propriamente detto e va a sfidare a testa alta il pop radiofonico. 

18 ottobre 2020

You, Nothing - Waves SINGLE

Ad ascoltare Waves - che è il primo singolo dei You, Nothing - verrebbe naturalmente da pensare ad una tarda estate californiana venata di malinconica psichedelia jangly. Ed invece, felice sorpresa, le palme e la luminosa riviera che li circondano nel video che hanno realizzato per il pezzo sono quelle del Lago di Garda. 

Gioia Podestà e compagni in effetti sono originari di Verona e ci ricordano giustamente che ci sono tante band in Italia che si muovono tra shoegaze, dream pop e post punk, non ultimi i notturni e mesmerici Be Forest la cui You, Nothing ha ispirato il nome del gruppo. 

Waves, che anticipa un album in attesa di pubblicazione, sta proprio a cavallo dei generi appena citati: possiede una innegabile leggerezza melodica, ma la trattiene sapientemente in una circolare trama di chitarre capace di mettere insieme luce ed ombra, tra Day Wave e Fear Of Men.

13 ottobre 2020

The Proctors - Summer Lane ALBUM

Ogni volta che ascolto del buon twee pop mi viene da pensare che potrebbe essere possibile un mondo in cui le persone si trattano con la stessa sorridente gentilezza che è la vera anima del twee. Un'anima che The Proctors possiedono da quel lontano 1993, in cui Gavin e Christina Priest cominciarono a registrare le loro prime canzoni in cameretta, ispirate ai dischi della Sarah Records. Divenuti una band, i Proctors pubblicarono alcuni singoli e un album, Pinstripes & Englishmen, nel 1997, per poi scomparire fino ad un nuovo album nel 2013 ed un singolo l'anno scorso con la Sunday Records.

Ed è proprio la Sunday a far uscire oggi questo Summer Lane, che raccoglie 14 canzoni datate 1993-97, gli anni d'oro della band inglese, alcune già conosciute ed altre sinora inedite, prodotte all'epoca da Pete Williams dei Dexys. 

Per chi non conosce la band dei fratelli Priest, è un'occasione imperdibile per immergersi nel caldo abbraccio dell'indie pop più delicato e morbidamente malinconico di quegli anni magici. Pezzi come  Sunlight Satin, Moon Song, Baby Blue, Wish Your Day Away, Live Forever, Shooting Star, con il loro alternarsi di voci maschile e femminile, le chitarre jangly, le melodie di rotonda semplicità, la dimensione di onesto artigianato a bassa fedeltà, sono dei classici senza tempo che io personalmente riascolterei a nastro per venti volte consecutive. 

Lunga vita al Twee! 

08 ottobre 2020

Ailbhe Reddy - Personal History ALBUM


Nonostante la giovanissima età, l'irlandese Ailbhe Reddy ha già all'attivo un EP uscito ben quattro anni fa, che riuscì all'epoca a conquistarsi una certa attenzione sia dal pubblico che dalla critica. 

Ailbhe muove da un retroterra dichiaratamente alt-folk, che nella natia Dublino ha sicuramente una tradizione consolidata, e il suo background è evidente in diversi episodi dell'album (soprattutto la nuda ed emozionante Late Bloomer). 

Tuttavia Personal History supera di slancio la dimensione acustica degli esordi e vira quasi ovunque verso un guitar pop spigliato, che a tratti spinge su ritmi piacevolmente uptempo e melodie immediate e sottilmente oblique (prendiamo ad esempio l'ultimo singolo Looking Happy, dove tutto fa l'occhiolino ad un indie alla Strokes, ma anche la jangly ed elegantissima Time Difference) mentre in altri momenti si richiude in un intimismo capace di non perdere mai la leggerezza.

Il risultato è un album che da un lato manifesta una sicura maturità di scrittura e di esecuzione - testimoniata dalla voce davvero bella e versatile della Reddy - e dall'altra conserva una freschezza di tocco quasi sorprendente. 



02 ottobre 2020

Pillow Queens - In Waiting ALBUM

Ci sono album, a volte - e capita di rado - che mi lasciano talmente a bocca aperta mentre li ascolto e li riascolto che poi, quando li devo riassumere, definire e giudicare, non so davvero da che parte iniziare.

Quindi, parlando di In Waiting, che è il disco di debutto delle irlandesi Pillow Queens, parto proprio da loro. Sarah Corcoran, Rachel Lyons, Cathy McGuinness e Pamela Connolly hanno cominciato a suonare insieme nel 2016, pubblicando un paio di EP negli anni successivi ed elaborando poco alla volta un'identità queer che oggi è onestamente dichiarata e spesso evidente nelle liriche (e nei video) delle loro canzoni. 

Da un punto di vista stilistico non è proprio facile mettere un'etichetta alla musica delle Pillow Queens. Le chitarre sono protagoniste senz'altro, sature di elettricità statica tanto quanto le loro canzoni trasudano un'emergenza comunicativa quasi drammatica. Le ragazze di Dublino sono indubbiamente pop nella forza immediata del loro approccio, ma sembrano attingere da modelli anche molto distanti fra di loro. Per certi versi possono assomigliare al migliore indie femminile di oggi, da Waxahatchee a Soccer Mommy, da Camp Cope ai Big Thief, passando per il mainstream di una Florence, ma c'è un plus nei loro pezzi - praticamente tutti - che supera in curva qualsiasi tentativo di superficiale paragone. 

Nella sostanza i dieci pezzi dell'album vivono parimenti di dissonanze spigolose e di armonie di perfezione quasi solenne, di chitarre inquiete che si mescolano e alternano con architetture vocali di impressionante e altisonante bellezza, di mood differenti che pescano con serena convinzione ora nel punk ora nelle melodie dei girl groups degli anni Sessanta. Il tutto rinforzato da uno slancio antemico che sembra emergere quasi ovunque con una gentile ma risoluta prepotenza, fin dall'iniziale meravigliosamente scenografica Holy Show, fino al crescendo devastante di Donaghmede

Un album indispensabile da parte di una band a dir poco formidabile.