Strano destino quello dei LVL UP. La band newyorkese, dopo il successo del suo secondo album Return To Love e un lunghissimo tour, ha deciso di sciogliersi proprio all'apice della propria carriera.
Il fatto che tre dei quattro membri del gruppo avessero esperienza ed ambizione autoriale ha senz'altro giocato un ruolo in questa vicenda, e non a caso adesso troviamo Mike Caridi impegnato nel suo primo disco da solista con il moniker The Glow.
I LVL UP erano senz'altro tra i più validi eredi del suono indie-rock dei Novanta, e nelle dieci canzoni di Am I ritroviamo le chitarre sature e l'intelligente semplicità melodica che conoscevamo, rinnovate in nome di un'attitudine che oggi è quasi dream pop, non tanto nella durata - che in genere è piuttosto sintetica - quanto in una dimensione emozionale che è la vera chiave dell'album, mescolando malinconica introversione ed elettrica morbidezza.
30 maggio 2019
26 maggio 2019
Agent Blå - Morning Thoughts ALBUM
C'è un filo evidente che lega tante nuove band svedesi che negli ultimi anni ci hanno entusiasmato. Prendiamo i Makthaverskan, i Westkust, gli Hater, gli Holy Now, per citare i gruppi più celebri (ma potremmo tirare dentro Gli Star Horse, i Tinsel Heart, i Sun Days e altri). Tutte hanno un evidente lato oscuro, una propensione a proiettare lunghe ombre oltre la luminosità melodica che sta sempre al centro: un post punk che potrebbe essere tranquillamente etichettato come "dark pop".
Gli Agent Bla, da Goteborg, partecipano anima e corpo a questa sorta di nordico sentimento comune, e arrivano oggi al loro secondo album Morning Thoughts con le idee decisamente più chiare rispetto al loro esordio omonimo di due anni fa.
Un po' di oscurità nottrna e invernale non manca, come dicevamo, ma tutto sembra acquistare una rotondità che la band di Emilie Alatalo non possedeva (o non voleva possedere) all'inizio.
I nove episodi dell'album derivano sempre da una convinta e inquieta rilettura di band seminali come Jesus & Mary Chain o The Cure, ma si avvicinano all'immediatezza dei connazionali su citati (i Makthaverskan soprattutto), infilando una sequenza di pezzi potenti ed elettrici ma al contempo molto misurati e quasi orecchiabili. Un deciso passo in avanti rispetto al primo disco.
22 maggio 2019
Martha - Love Keeps Kicking ALBUM
Mi sono innamorato dei Martha tre anni fa, quando uscì il loro secondo album Blisters In The Pit Of My Heart e, personalmente, era un po' che mi chiedevo che fine avessero fatto, considerando che all'epoca davano l'impressione della classica band che sta surfando sull'onda migliore della sua vita e che potesse sfornare canzoni su canzoni con la nonchalance di chi ha trovato la formula magica della "perfect pop punk song".
E invece i quattro di Durham ci hanno fatto aspettare parecchio prima di pubblicare questo Love Keeps Kicking, e basta davvero un ascolto rapidissimo (il primo di tanti, ve lo assicuro) per accorgersi di quanto i Martha siano ulteriormente migliorati. Gli undici episodi dell'album sono letteralmente una bomba. Tutti, nessuno escluso. Orecchiabili, intelligenti, sfrontati e meravigliosamente uptempo, pieni di hooks formidabili, semplici ma mai scontati nei loro quattro quarti che ti fanno venire voglia di saltellare a tempo in giro per la stanza.
Il fatto è che Daniel Ellis, J.Cairns, Naomi e Nathan Griffin possiedono il talento - che non è di tutti - di mettere insieme in modo naturale una capacità di scrittura di alto livello, una cultura musicale che ha saccheggiato il meglio dell'indie dei Novanta, indubbie doti tecniche, dono della sintesi e un'armonia di gruppo a tratti veramente impressionante (l'impasto delle quattro voci e delle chitarre parla da solo).
Se perdoniamo ai quattro musicisti inglesi una delle copertine più brutte della storia (ma è voluta, secondo loro tradizione), non possiamo che toglierci il cappello e farci trascinare della loro esplosiva, ironica e gioiosa energia.
Disco dell'anno?
18 maggio 2019
Winter - Infinite Summer EP
Ricordo che a dicembre scorso sono stato in dubbio se inserire Ethereality, l'album di debutto di Samira Winter, nella dozzina dei migliori dell'anno. Alla fine è stato il primo degli esclusi, e oggi, ascoltando volta dopo volta il nuovo EP intitolato Infinite Summer, quasi quasi mi sento in colpa.
Il dream pop della musicista per metà americana e per metà brasiliana è senz'altro il più luminoso sulla piazza, e le cinque canzoni dell'EP (tre in inglese e due - che bella sorpresa! - in portoghese) confermano la gioiosa pienezza sonora che già ci ha colpito in precedenza.
Cosa c'è in più rispetto all'album che rende Infinite Summer ancora più entusiasmante? In realtà forse c'è qualcosa in meno: le canzoni sono più dirette, non hanno fronzoli e fanno tutto con la voce amabilmente acerba di Samira, con le chitarre che fluttuano e scampanellano colorate, con i synth che profumano di anni '80 e con le melodie di soffice immediatezza.
La sorridente e spigliata Bonsai e la ruvida dolcezza di Always Teenager (se non è un titolo indie pop questo...!) emergono sugli altri episodi e si candidano già come piccoli ma potentissimi inni del genere.
Imperdibile.
14 maggio 2019
Four Eyes - I'd Rather Be Ghost Hunting ALBUM
Seguo Erin Lovett già da molti anni e ogni volta che esce un nuovo lavoro firmato con il suo moniker Four Eyes mi sorprendo sempre di quanto sia dannatamente brava e di come sia possibile che rimanga ancora una semisconosciuta.
La musicista di Athens, Georgia ha già una produzione piuttosto ampia alle spalle (credo che questo I'd Rather Be Ghost Hunting sia il suo terzo album, ma ha pubblicato una marea di EP e singoli), tuttavia non ha mai abbandonato il suo stile peculiare, puntando più a scrivere canzoni belle che a modificarne la forma rischiando arrangiamenti che non sono evidentemente nelle sue corde.
Il folk-pop di Four Eyes non è in fondo lontano dal cantautorato essenziale, intenso, ironico di colleghe come Waxahatchee, Free Cake For Every Creature o This Is The Kit, ma depurato da ogni spigolosità. Non c'è canzone di Erin che non sembri suonata nella quiete pomeridiana di una veranda illuminata da un sole primaverile. E non c'è canzone che non basti perfettamente a sè stessa: al centro una voce graziosa che racconta una piccola preziosa storia, intorno una chitarra pizzicata con misura, un glockenspiel, un soffio di elettricità dove serve, un'armonia vocale incantevolmente minima, un pianoforte giocattolo.
Un'altra piccola grande meraviglia, come Four Eyes ci ha abituato.
La musicista di Athens, Georgia ha già una produzione piuttosto ampia alle spalle (credo che questo I'd Rather Be Ghost Hunting sia il suo terzo album, ma ha pubblicato una marea di EP e singoli), tuttavia non ha mai abbandonato il suo stile peculiare, puntando più a scrivere canzoni belle che a modificarne la forma rischiando arrangiamenti che non sono evidentemente nelle sue corde.
Il folk-pop di Four Eyes non è in fondo lontano dal cantautorato essenziale, intenso, ironico di colleghe come Waxahatchee, Free Cake For Every Creature o This Is The Kit, ma depurato da ogni spigolosità. Non c'è canzone di Erin che non sembri suonata nella quiete pomeridiana di una veranda illuminata da un sole primaverile. E non c'è canzone che non basti perfettamente a sè stessa: al centro una voce graziosa che racconta una piccola preziosa storia, intorno una chitarra pizzicata con misura, un glockenspiel, un soffio di elettricità dove serve, un'armonia vocale incantevolmente minima, un pianoforte giocattolo.
Un'altra piccola grande meraviglia, come Four Eyes ci ha abituato.
09 maggio 2019
Big Thief - U.F.O.F. ALBUM
Probabilmente la musica dei Big Thief non è precisamente simile a quella di cui trattiamo di solito sul blog. Non è propriamente indie pop, certo, ma alla fine ne possiede - sotto una scorza che è folk, rock, indie - l'anima vera, ovvero una propensione melodica capace di attraversarla, quella scorza, e fiorire all'improvviso come una gemma colorata.
Il quartetto di New York ha già all'attivo due album che, come dicevamo, sfuggono ad una mera catalogazione: il cuore sonoro della band è acustico, ma è soprattutto la voce di Adrianne Lenker che costruisce la personalità inconfondibile del gruppo: una voce in grado di calarsi con tecnica e passione nei meandri più sottili di ogni pezzo, con una versatilità a dir poco impressionante.
Le canzoni: dodici, quasi impressionistiche ad un primo ascolto, gentili e delicate nel tocco, sono in realtà imbastite con equilibrio a tratti miracoloso attorno ad un'inquietudine di fondo che si manifesta in una straniante tendenza centrifuga, diffusa sia negli episodi più intricati (dove emerge anche una sfrigolante elettricità statica) che in quelli più cantautorali e legati alla tradizione.
Senz'altro un album da ascoltare con pazienza e stupore e di cui innamorarsi un po' alla volta.
Il quartetto di New York ha già all'attivo due album che, come dicevamo, sfuggono ad una mera catalogazione: il cuore sonoro della band è acustico, ma è soprattutto la voce di Adrianne Lenker che costruisce la personalità inconfondibile del gruppo: una voce in grado di calarsi con tecnica e passione nei meandri più sottili di ogni pezzo, con una versatilità a dir poco impressionante.
Le canzoni: dodici, quasi impressionistiche ad un primo ascolto, gentili e delicate nel tocco, sono in realtà imbastite con equilibrio a tratti miracoloso attorno ad un'inquietudine di fondo che si manifesta in una straniante tendenza centrifuga, diffusa sia negli episodi più intricati (dove emerge anche una sfrigolante elettricità statica) che in quelli più cantautorali e legati alla tradizione.
Senz'altro un album da ascoltare con pazienza e stupore e di cui innamorarsi un po' alla volta.
05 maggio 2019
Mammoth Penguins - There's No Fight We Can't Both Win ALBUM
Quattro anni fa, con il loro esordio Hide And Seek, i Mammoth Penguins di Emma Kupa attirarono non poco l'attenzione, grazie alla loro innata capacità di mescolare forza e melodia in un punk pop vario, intelligente e contagioso.
There's No Fight We Can't Both Win riparte da dove avevamo lasciato il terzetto inglese, ovvero dal loro guitar pop frizzante e complesso pur nella sua essenzialità di chitarra basso batteria. Le capacità di scrittura di Emma ormai sono note, così come la sua personalità vocale trascinante: le undici canzoni dell'album si succedono così con un'organicità stilistica forte e definita, giocando come sempre a mescolare delicatezza e ruvidezza di pezzo in pezzo e persino all'interno dello stesso episodio (l'intensa Let Yourself Be contiene da sola l'intera formula musicale dei Mammoth Penguins concentrata in cinque minuti a dir poco scenografici).
A guardare bene, nelle canzoni di Emma Kupa ci sono rimandi a tante cose diverse, dai sixties al punk, dal C86 all'indie dei Novanta. Il bello dei Mammoth Penguins (e la stessa cosa si può dire di una band come i Beths, che da un certo punto di vista sono i loro cugini neozelandesi) è che tutto è frullato insieme con quella sbarazzina sfrontatezza da garage pop che è uno dei punti di forza del gruppo.
Rispetto al disco di debutto forse manca un po' quell'effetto sorpresa che all'epoca ci aveva fatto davvero entusiasmare, ma non c'è dubbio che There's No Fight We Can't Both Win sia un album di altissimo livello.
There's No Fight We Can't Both Win riparte da dove avevamo lasciato il terzetto inglese, ovvero dal loro guitar pop frizzante e complesso pur nella sua essenzialità di chitarra basso batteria. Le capacità di scrittura di Emma ormai sono note, così come la sua personalità vocale trascinante: le undici canzoni dell'album si succedono così con un'organicità stilistica forte e definita, giocando come sempre a mescolare delicatezza e ruvidezza di pezzo in pezzo e persino all'interno dello stesso episodio (l'intensa Let Yourself Be contiene da sola l'intera formula musicale dei Mammoth Penguins concentrata in cinque minuti a dir poco scenografici).
A guardare bene, nelle canzoni di Emma Kupa ci sono rimandi a tante cose diverse, dai sixties al punk, dal C86 all'indie dei Novanta. Il bello dei Mammoth Penguins (e la stessa cosa si può dire di una band come i Beths, che da un certo punto di vista sono i loro cugini neozelandesi) è che tutto è frullato insieme con quella sbarazzina sfrontatezza da garage pop che è uno dei punti di forza del gruppo.
Rispetto al disco di debutto forse manca un po' quell'effetto sorpresa che all'epoca ci aveva fatto davvero entusiasmare, ma non c'è dubbio che There's No Fight We Can't Both Win sia un album di altissimo livello.
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2019,
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indie pop,
indie rock,
Mammoth Penguins,
punk pop
01 maggio 2019
Neleonard - El Ultimo Segundo EP
Non finiremo mai di tessere le lodi degli spagnoli Neleonard: davvero non c'è capitolo della loro produzione che non sia meno che splendido.
Ecco il motivo per cui ogni nuova uscita di Nele, Laura e compagni è davvero un regalo prezioso, specie se inatteso, come questo EP appena pubblicato dalla Elefant.
El Ultimo Segundo, il singolo che dà il titolo alla mini raccolta, lo conosciamo già: è uno dei gioiellini dell'album che abbiamo debitamente celebrato l'anno passato, tinto di nostalgia e di una elettronica leggera e colorata.
I tre inediti che lo accompagnano sono altrettante piccole meraviglie che devono essere sfuggite alla tracklist di Un Lugar Imaginado per motivi di spazio: si succedono con toni e umori diversi i deliziosi tre quarti profumati di flamenco di ¿Dónde Están Los Niños?, l'ampio struggente romanticismo di Lo Que Ya Has Perdido e l'ironica leggerezza cantautorale, condita di tromba alla Belle&Sebastian e fisarmonica, di Pascal.
Imperdibile, come sempre.
Ecco il motivo per cui ogni nuova uscita di Nele, Laura e compagni è davvero un regalo prezioso, specie se inatteso, come questo EP appena pubblicato dalla Elefant.
El Ultimo Segundo, il singolo che dà il titolo alla mini raccolta, lo conosciamo già: è uno dei gioiellini dell'album che abbiamo debitamente celebrato l'anno passato, tinto di nostalgia e di una elettronica leggera e colorata.
I tre inediti che lo accompagnano sono altrettante piccole meraviglie che devono essere sfuggite alla tracklist di Un Lugar Imaginado per motivi di spazio: si succedono con toni e umori diversi i deliziosi tre quarti profumati di flamenco di ¿Dónde Están Los Niños?, l'ampio struggente romanticismo di Lo Que Ya Has Perdido e l'ironica leggerezza cantautorale, condita di tromba alla Belle&Sebastian e fisarmonica, di Pascal.
Imperdibile, come sempre.
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