23 dicembre 2023

(Just Another) Pop Song ALBUM OF THE YEAR 2023


12

VULPIX - Innocent Pleasures Repeated Measures

Tra foschie post punk e ariose scenografie dream pop, la creatura musicale dell'australiano Jordan Barrow - che suona praticamente tutto e lo fa bene - possiede un fascino straniante, algido e delicato al tempo stesso, affine per molti versi ai nostri amati Castlebeat. 

11

Moon In June - ロ​マ​ン​と​水​色​の​街

L'amore dei giapponesi per la melodia è noto e i Moon In June lo testimoniano in pieno. I cinque di Tokyo suonano un dream pop in piena luce, che cita volentieri sia lo shoegaze che i primi Oasis, fresco e zuccheroso, arioso ed energizzante. 

10

Tossing Seed - When You Come Around

Nonostante il titolo citi (forse involontariamente) i Green Day, no, non siamo a San Francisco, ma in Indonesia e i Tossing Seed sono la punta di un iceberg di band indie pop che suonano le loro chitarre fragorose e cantano melodie catchy come se vivessero, beh sì, nei primi anni '90. Questo non è un album ma un ep allungato, ma è pieno di pezzi davvero memorabili, spontaneamente travolgenti. 

9

Hurry - Don't Look Back

Con un titolo che allude senza mezzi termini agli Oasis e una generosa manciata di canzoni che sembra uscita da Songs From Northern Britain dei Teenage Fanclub, Matt Scottoline ci ha regalato il disco più leggero, luminoso e catartico dei suoi Hurry, una vera e propria cura per i cuori infranti, pieno di canzoni che ti prendono per mano e ti sorridono. 

8

Helpful People - Brokenblossom Threats

La collaborazione fra Carly Putnam e il re Mida del jangle pop Glenn Donaldson non poteva che sortire un gran disco. Le chitarre sono decisamente più sature e sfrigolanti rispetto ai Reds Pinks & Purples, ma il tocco magico è lo stesso, ancora più incisivo nel suo algido abbraccio elettrico. 

7

ME REX - Giant Elk

I ME REX di Myles McCabe sono in fondo una crasi inestricabile fra punk pop e cantautorato folk, con i Neutral Milk Hotel come nume tutelare. Arrivata all'album d'esordio, la band come sempre non lesina ingredienti: tante chitarre, elettriche e acustiche, tanti synth, tante parole, tanta energia che sembra letteralmente debordare da ogni pezzo con una spontanea ed entusiastica forza antemica. 

6

Soft Science - Lines 

I californiani Soft Science non sono dei novellini: maneggiano la materia dream pop con la sicurezza dei veterani e la passione filologica di chi del genere conosce ogni sfumatura presente e passata. Nei pezzi di Lines ci sono una montagna di chitarre e synth, il fascino vocale di Katie Haley, una cura maniacale per le sfumature, una classe di scrittura sopraffina ed alcuni tocchi super pop che tolgono il fiato. 

5

Apartamentos Acapulco - La Reconciliaciòn 

Potevano mancare gli Apartamentos nella collezione di fine anno? Da sempre Angelina, Ismael e compagni possiedono quel tocco magico in grado di far decollare ogni cosa che suonano come un razzo sparato oltre il cielo. La Reconciliaciòn è l'ennesima conferma che il dream pop leggiadro e poderoso al tempo stesso, sognante e graffiante, della band di Granada ha davvero qualcosa di speciale. 

4

Fragile Animals - Slow Motion Burial


Sicuramente il premio "sorpresa dell'anno" se lo portano a casa loro, i Fragile Animals di Brisbane, Australia. Slow Motion Burial è uno scrigno di canzoni costruite quasi sempre attorno a formidabili climax elettrici, potentissime e inesorabilmente catchy nel loro mix di miele ed elettricità statica, formalmente sfavillanti, intrise di una travolgente carica emozionale esaltata dalla voce di Victoria Jenkins. 

3

Flyying Colours - You Never Know


Se facessimo ascoltare la band di Melbourne a un appassionato che non l'ha mai sentita prima, la collocherebbe forse sullo scorcio fra fine '80 e inizio '90, e probabilmente la inserirebbe volentieri nel gotha della prima ondata shoegaze / dream pop, magari sul piano di Ride, Slowdive, Lush e My Bloody Valentine. In verità i Flyying Colours hanno i piedi ben piantati nel presente, ed hanno il pregio straordinario di essere un formidabile panottico del genere. Il loro terzo album è davvero un prodigio di elettricità e melodia, trascinante, vigoroso, sfrigolante e immediato al tempo stesso, che fa rivivere quei modelli senza bisogno di citarli.

2

Babaganouj - Jumbo Pets


I Babaganouj esistono da molti anni (ed hanno Hatchie al basso, giusto per dire), ma questo è il loro disco d'esordio, come se avessero voluto aspettare per riempire la loro cornucopia guitar pop fino a farla esplodere. Jumbo Pets è per l'appunto una collezione eccezionale di canzoni terribilmente orecchiabili, raffinatissime nella scrittura cantautorale e nella produzione, colorate e dinamiche, che ora accelerano ora rallentano, ora coccolano e ora graffiano, con lo stesso intelligente e inafferrabile eclettismo che avevano i Big Star. 

1

Bleach Lab - Lost In A Rush Of Emptiness


La talentuosa band di Jenna Kyle non ha mai nascosto la propria ambizione. Arrivati finalmente all'album di debutto, i quattro londinesi hanno sfoderato tutte le proprie luccicanti e oliatissime armi sonore e melodiche, mettendo in fila dieci perle di corrusca bellezza, intrise di un romanticismo notturno, piene di crescendo scenografici e chitarre liquide, formalmente ineccepibili ed emotivamente dense, al centro l'enorme fascino vocale di Jenna. In fondo i Bleach Lab sono così personali nello stile che è persino difficile trovare l'etichetta di genere più adatta. Lost In A Rush Of Emptiness è un disco di fluida perfezione, intenso e affascinante, che consacra il gruppo e lo rende una nuova pietra di paragone per l'indie pop di oggi. 

11 dicembre 2023

EP & SINGOLI [DICEMBRE]

 EP

Apriamo l'ultima collezione dell'anno con questo interessante progetto che vede insieme Naomi Griffin dei Martha e Adam Todd dei The Spock School. I Get Wrong nascono come omaggio dei due musicisti al synth pop degli Ottanta, dai New Order in giù. 


Mi è piaciuto molto anche questo ep dei canadesi Thermal, un power pop patinato davvero godibile.

I Model Shop con il loro indie pop colorato, catchy e arioso, molto Teenage Fanclub. 

Un piccolo gioiello dalla Spagna: l'ep di debutto dei Pálida Tez, pieno di canzoni raffinate e orecchiabili che fanno tornare ala memoria ai La Buena Vida. 

SINGOLI

Andy Jossi e Krissy Vanderwoude ci regalano un nuovo pezzo targato The Churchhill Garden. Dream pop in purezza, soffice e leggero come le nuvole. Meraviglia, come sempre. 


Hazel English è molto attiva nel suo autunno californiano. Ecco un nuovo pezzo:


Bailey Crone / Bathe Alone è un'altra che non sbaglia un colpo.


Un po' di shoegaze melodico con i losangelini Mo Dotti.


E con i giapponesi Stomp Talk Modstone, sempre più fluidamente catchy. 


Linnea Siggelkow / Ellis è una nostra vecchia conoscenza. Il nuovo singolo mi piace molto.


Poteva mancare qualcosa dall'Indonesia? Ecco gli adorabili Sharesprings.


Sempre in ambito dream pop / shoegaze, ho di recente scoperto gli australiani Futureheaven.


April June non delude mai.


Scopro con grande gioia che The Ian Fays sono italiani. Che bella questa canzone, totalmente sopra i generi...



07 dicembre 2023

Ghost Days - Angel Tears EP REVIEW

Non so molto di Alessia Kato, la musicista di Chicago che da diversi anni pubblica i suoi lavori sotto il nome Ghost Days. I suoi singoli ed ep precedenti facevano pensare decisamente ad una versione ancora più eterea ed essenziale del dream pop liquido di Hazel English / Day Wave e già per questo erano opere tanto interessanti, per quanto ancora acerbe.

Per le sue nuove canzoni Alessia ha collaborato con un altro musicista di Chicago, Owney, che ha un presente di indie pop sperimentale condito di suoni elettronici, e sembra essere stata una ottima scelta produttiva. Il risultato, i sette pezzi di Angel Tears, sono davvero un salto in avanti nelle produzioni di Ghost Days, per quanto ne conservino l'anima primigenia e lo stile peculiare.

Da Heart Apart in poi ogni episodio è incentrato sull'impasto delicatamente sognante della voce di Alessia e di una trina di chitarre jangly inghiottite da echi, riverberi e lente onde di elettricità come sassi gettati in uno stagno. Tutto è gentile e sottilmente triste, sfumato e leggero come vapore, disteso e fluttuante sopra un tappeto ritmico in genere semplicissimo e ricamato da una drum machine (un po' la formula vincente di Castlebeat, per intenderci, e Leave It Behind - pezzo migliore del lotto - possiede in effetti proprio l'aura speciale delle cose più leggiadre e scampanellanti di Josh Hwang).

02 dicembre 2023

Fragile Animals - Slow Motion Burial ALBUM REVIEW


Il 2023 è stato un buon anno di dream pop: dai Bleach Lab ai Flyyng Colours, dai Churchhill Gardens agli Apartamentos Acapulco, passando per il nuovo degli Slowdive, abbiamo ascoltato tanti bei dischi, che bene o male icarnano altrattante visioni del genere, spingendo più o meno sui due pedali che corrispondono al lato dreamy o al lato pop della faccenda. 

I Fragile Animals sono una di quelle band che del dream pop abbracciano il lato più luminoso e scenografico, formalmente curatissimo, innamorato di una forma canzone che scivola sempre inesorabilmente verso un crescendo ed è costruita per strati che si impilano uno sopra l'altro con sonora generosità.

I due di Brisbane, Victoria Jenkins e Daniel Parkinson, da molti anni producono ottima musica (recuperate tutti i loro ep e singoli sparsi nell'ultimo quinquennio, non ve ne pentirete!), ma non avevano mai pubblicato il loro vero primo album. Che è appunto questo Slow Motion Burial, titolo bizzarro e ancor più bizzarra copertina con il fantasmino onnipresente nelle loro ultime uscite che attende qualcosa o qualcuno su una panchina in un bosco innevato. 

Un pezzo come Overthinking, che introduce l'album, può già fungere da perfetto diorama della musica dei Fragile Animals: la voce morbidamente elegante di Victoria che si muove in un paesaggio liquido e sfumato per la prima metà della canzone, con le chitarre che disegnano scie delicate, e poi il climax elettrico nella seconda metà, con tutti gli strumenti che infine convergono in un crescendo liberatorio.

Lo schema dei dieci episodi successivi è spesso sovrapponibile a questo, con altrettante variabili che ora insistono più sullo sfrigolio luminoso delle chitarre (Lonely In The Sun assomiglia molto alle cose dei Basement Revolver), ora si fanno più oscure (K.T.M.) e avvolgenti (Start It Over // No More Lies), ora si tuffano nello shoegaze più liquido e languido (Garden), ora imbastiscono ampie e raffinate architetture baluginanti di luci notturne (Everybody Wants The Luck).

Due momenti spiccano su tutto il resto. Innanzitutto la circolare perfezione di December, che è un vero distillato di dream pop profumato degli aromi di tutti i modelli del genere, dalle Lush ai Night Flowers, dagli Slowdive a Hatchie. E poi il gran finale di Breathe Out And In, con la sua gentile inquietudine che si libera a poco a poco verso una spettacolare conclusione in cui le chitarre si fondono in una cantilenante e sognante spirale elettrica.

Si potrebbe dire che Slow Motion Burial sia un album sorprendente, ma sarebbe sbagliato, perché in verità gli australiani hanno già dato ampia prova in passato di quanto sappiano maneggiare il genere e gestire scrittura e produzione. E' semplicemente un disco ambizioso, pienamente compiuto, compatto e coerente, elegante e suggestivo in ogni sua singola nota, frutto evidente di un lavoro lunghissimo e intelligente che ha permesso di levigare ogni dettaglio fino ad oggi.