23 febbraio 2023
SINGOLI (FEBBRAIO EDITION)
10 febbraio 2023
Puzzles y Dragones - Recuerdos de Puzzles y Dragones ALBUM REVIEW
I madrileni Puzzles y Dragones, veterani del genere con almeno un album e diversi ep nell'ultimo decennio, sono senz'altro parte della lista, e ci sono anche in quella delle "band che nessuno conosce e che tutti dovrebbero ascoltare". Ai primi posti.
Recuerdos - così com'era Vuelven, che risale al 2017 - è un album talmente solare, tenero, coinvolgente, cantabile, leggero ed ottimista che a tratti è quasi commovente. Ci troverete undici canzoni una migliore dell'altra, perfette nella loro semplicità artigianale, caramelle jangly ripiene di zucchero e miele.
L'attitudine è la stessa di altri gruppi spagnoli che amiamo come i Neleonard o i maestri la Buena Vida: melodie di adorabile timidezza, elettro-acustiche, morbidamente midtempo, catchy in modo equilibrato ma inesorabile, affidate quasi sempre all'armonia delle voci maschile e femminile, profumate di un cantautorato gentile che non è lontano da quello dei primi Belle & Sebastian o dai The Reds Pinks & Purples, nobilitate da una scrittura (anche delle liriche) dal tocco magicamente leggiadro.
Uno dopo l'altro di succedono pezzi che sembrano abbracciarti con affetto sorridente: El Vacio Que No Se Puede Lenar, El Final De Mi Felicidad, Fantasia, Los Dias Sin Final - e potremmo continuare l'elenco - possiedono tutte una forza gentile che nel loro crescendo si fa danza e capriola e accende la luce dentro la malinconia.
Uno di quegli album che sanno curare tutti i tipi di ferite. Imperdibile!
04 febbraio 2023
Appleseeds! - æblefrø ALBUM REVIEW
Esaurita la parentesi autobiografica, passiamo a questo æblefrø (che poi vuol dire "seme di mela" esattamente come il nome della band), che è una vera e propria porla che sembra uscita con uno strano incantesimo dal catalogo Sarah Records dei primissimi novanta. Ditte Duus e Kasper Clemmensen, con il loro indie pop vagamente stralunato e gentilmente uptempo, non possono non ricordare gli Heavenly: nei dieci pezzi dell'album ritroviamo in fondo il medesimo spirito artigianale, le chitarre scampanellanti, le melodie di sbarazzina immediatezza e quella naturale armonia fra le voci maschile e femminile che è stata uno dei marchi di fabbrica di Fletcher e Pursey. Ma gli Appleseeds - per loro stessa ammissione - rivendicano soprattutto di voler assomigliare a un'altra band dell'epoca d'oro dell'indie pop, quei Po! di Ruth Miller che troppo spesso vengono dimenticati ma sono stati uno dei gruppi più influenti della scena che amiamo.
Il duo di Copenhagen mostra un'adesione all'estetica twee tanto spontanea quanto di stretta ortodossia: tutto nelle loro canzoni possiede una delicatezza essenziale e sorridente, terribilmente catchy e priva di fronzoli (giusto il flauto di Friend), appena appena ruvida in superficie (come possono esserlo i Jeanines per intenderci) e con un cuore di adorabile tenerezza. Come si fa a non innamorarsi follemente di pezzi come The Lonely One, Anything Goes o Spinning 'Round?
Un piccolo scrigno di meraviglie, fra l'altro con una copertina (di Mamoru Yamamoto) di rara bellezza.