15 maggio 2024

The Ophelias - Ribbon EP REVIEW


Tre anni fa circa, all'uscita dell'album di debutto, avevo parlato volentieri delle Ophelias pur confessando di non essere particolarmente vicino al genere che la band di Cincinnati ben interpreta fin dagli esordi. 

In verità il genere in questione - che potremmo chiamare chamber pop - in fondo non è altro che un folk rock di stampo cantautorale e dagli espliciti tocchi di raffinatezza, non distante dopo tutto dallo stile di una Phoebe Bridgers (Soft and Tame in effetti ha una tangenza quasi impressionante con le cose dell'artista californiana ed è il pezzo più forte del lotto). 

Il gruppo di Spencer Peppet - che è autrice, voce e polistrumentista - ha recentemente abbracciato tematiche sull'identità queer e parallelamente ha un po' semplificato la proposta musicale che avevamo apprezzato nel disco del 2021, ricercando una maggiore compattezza nella forma canzone e insistendo sulla suggestione dell'intreccio fra delicata introversione e crescendo. Questa attitudine, che è volutamente narrativa e lirica al tempo stesso (cioè fortemente romantica, inteso proprio in senso letterario), trova poi perfetto compimento in una serie di arrangiamenti fioriti e vagamente notturni in cui spicca sempre il violino di Andrea Gutmann Fuentes. 

L'unico limite a questo punto è una durata - 17 minuti, 5 pezzi - che in una dimensione così emozionale ed elegante richiederebbe forse spazi più ampi, tanto che quando termina la splendida, commlessa e avvolgente Rind - l'orchestrazione è davvero da brividi lungo la schiena - si vorrebbe di più! 

11 maggio 2024

Stephens's Shore - Neptune EP REVIEW

E' sempre un piacere ritrovare gli svedesi Stephen's Shore. La band di Viktor Sjödin è in giro da ormai quasi dieci anni e con cadenza regolare ci regala qualche nuovo saggio del suo jangle pop morbido, raffinato e pienamente luminoso.  

Questa volta si tratta di un EP che contiene quattro episodi registrati live lo scorso mese di settembre a Stoccolma. Come in tutte le produzioni del gruppo, l'intreccio scampanellante delle chitarre è magicamente circolare, delicato e sognante e il tocco melodico intriso di una malinconica gentilezza. Tutto è essenziale - ricordiamo che si tratta di registrazioni in cui la band suona insieme - ma al contempo pulitissimo nel suono e perfettamente dinamico e suggestivo. Da sempre gli Stephens's Shore sono una di quelle band che, se non si conosce, si farebbe fatica a collocare in un tempo e in uno spazio preciso. 

Sunset in particolare è un piccolo prodigio jangly che racchiude insieme le scintille catchy di cui i cinque svedesi sono capaci e anche la loro caratteristica tenerezza twee. 

04 maggio 2024

Mammoth Penguins - Here ALBUM REVIEW

Prima dei Martha, prima dei Beths, prima dei Fresh - ovvero di tutti quei punk gentili che da queste parti amiamo alla follia - c'erano i Mammoth Penguins. Hide & Seek, il primo album della band di Emma Kupa, risale ormai al 2015, e se c'è un merito, fra i tanti, che il trio di Cambridge può esibire con orgoglio, sta senz'altro nell'essere stati davvero i primi a mescolare muscoli e melodia, rumore e ironia, con quella ricetta originaria che tanti gruppi ancora oggi imitano. 

A distanza di cinque anni dal precedente, e quattro dallo splendido disco solista di Emma, i Pinguini sfornano un album, questo Here, che sembra veramente, nella carne e nelle ossa, un ritorno allo spirito graffiante e quasi un po' grezzo degli esordi. Tutto nei dodici pezzi del lotto è piacevolmente rumoroso, programmaticamente essenziale, quasi lo-fi nell'attitudine, ovunque energico ed energetico. 

Emma, Mark e Tom in fondo non si sono mai allontanati da ciò che erano agli inizi - un power trio che suona forte - e il loro "plus", ovvero la penna sbarazzina e super talentuosa della Kupa, è impresso nel dna della band qualsiasi cosa faccia. Le canzoni nuove quindi assomigliano molto a quelle vecchie - non è un difetto - e stanno lì per coinvolgere e intrattenere, come è giusto che sia. Spicca fra tutte, a mio personale parere, l'episodio in realtà più morbido, quello che dà il titolo a tutto l'album, dove brilla un emozionante arrangiamento d'archi e viene pienamente alla luce il songwriting folksy di Emma.