26 dicembre 2024

(just another) pop song ALBUM OF THE YEAR 2024



12
Hidden Eyes - Not Now But Soon
Innamorati dell'indie dei '90 nella sua versione più obliqua, lo-fi e insieme melodica, i due Hidden Eyes sono i classici musicisti appassionati e misconosciuti che fanno (ottima) musica in cameretta con la strumentazione che possono permettersi. Il loro terzo album fa un passo avanti nella produzione ed è veramente un piccolo tesoro di luce nascosto nelle nebbie della provincia inglese. 


11
Cinéma Lumière - Wishing It Was Sunday
La band filippina interpreta il twee pop con una purezza d'intenti disarmante, come spesso avviene nella fertilissima scena orientale. Nell'album di debutto dei Cinéma Lumière c'è tutta l'etica (e l'estetica) dell'indie pop più solare, tenero e floreale: chitarre jangly, melodie cantabili, un'aria naïf che in realtà racchiude una notevole perizia di scrittura ed una travolgente leggerezza.


10
Campfire Social - They Sound The Same Underwater
Nel campionato dei "gentle punk" che costellano la scena indie pop, quest'anno vincono a mani basse i sei ragazzi di Wrexham, con un album di debutto che corona una carriera in verità decennale. Vigorosi, ironici, corali e programmaticamente orecchiabili, nutriti del meglio dell'indie dei '90, raffinatissimi nella scrittura, i Campfire Social sono davvero un tesoro nascosto da scoprire. 


9
Hinds - Viva Hinds
Ana e Carlotta alla fine sono tornate al nucleo originario della band - loro due, la loro amicizia - e dopo un decennio abbondante di carriera sono uscite con un disco che mantiene inalterate l'urgenza comunicativa, la freschezza scanzonata, l'essenzialità chitarra-basso-batteria, l'ironia leggera e bruciante di quando avevano diciott'anni, ma con una consapevolezza, un equilibrio ed una capacità di tenere insieme tutto che è propria di due ragazze madrilene che nel frattempo hanno visto il mondo.  


8
Mental Map - Mental Map 
L'indie pop onnivoro dei russi Mental Map ha l'ambizione di mettere insieme anime diverse (post punk di squadrata ruvidezza, delicatezza twee, stilemi shoegaze, memorie dell'indie dei '90, tentazioni catchy alvvaysiane...) suonando in definitiva con una naturale coerenza, una grande cura formale e una sorprendente immediatezza. Un album compatto ed eclettico al tempo stesso che, per essere un debutto, mette in luce una maturità impressionante. 


7
Healees - Coin de l'Oeil
Quattro musicisti, quattro nazionalità diverse, basati a Parigi. Poche band al mondo hanno un impasto chitarristico così pieno, corrusco, avvolgente e dinamico come gli Healees, e il loro secondo album lo dimostra in modo eccezionalmente evidente: tutti i pezzi sono sognanti e potenti al tempo stesso, densi e luminosi, suggestivi e scenografici nei loro poderosi ed armonici crescendo. 



6
Hazel English - Real Life
Lo stile di Hazel è ormai riconoscibile dopo due note e gli undici pezzi dell'album (che è in realtà una somma di due ep) testimoniano la raggiunta maturità artistica della musicista australiana-californiana, che ha deciso di concentrarsi sull'essenza del suo modo peculiare di fare dream pop, affiancata dal prezioso Jackson Phillips / Day Wave. Tutto è formalmente perfetto, delicato e intellettualmente romantico, liquidamente elettrico, catchy al punto giusto, dinamico e narrativo. 


5
Ferri-Chrome - Under This Cherry Tree
Dentro il motore del (terzo) album dei giapponesi, una cover stellare di "September's Not So Far Away" dei Field Mice, che diventa gioiosamente power pop. Con un carburante simile, è naturale che tutto viaggi a cento all'ora, sull'onda travolgente di chitarre spumeggianti e sfrigolanti, melodie di zuccherina freschezza, voci femminile e maschile che si alternano e sovrappongono, echi di shoegaze e tonnellate di positività twee. 


4
Club 8 - A Year With Club 8

Possibile che dopo trent'anni di onorata carriera Johan Angergård e Karolina Komstedt facciano musica nuova mantenendo la freschezza di quando erano sulla cresta dell'onda dell'indie pop svedese a metà dei '90? Le undici canzoni dell'album, uscite mese dopo mese durante il 2024, stanno a dimostrare come i Club 8 abbiano fatto un piccolo grande miracolo, sfornando una incredibile serie di "perfect pop songs" essenziali, raffinatissime, positive 
e trascinanti. 


The BV's - Taking Pictures of Taking Pictures

La fertile collaborazione dell'inglese Josh Turner e del tedesco Frederik Jehle va avanti da anni, ma oggi sembra avere trovato una perfetta quadratura con un album che è sicuramente il più luminoso della loro carriera. Le radici dei BV's sono solidamente dentro il terreno dell'indie pop originario, anche nella scelta (molto post punk) di una elegante essenzialità in bianco e nero, ma i frutti qui sono sorprendentemente variopinti e profumano di una crepuscolare primavera nordica. Un album che è un piccolo ma intenso viaggio tra brume psichedeliche e solarità jangly, denso a tratti, ironico e leggerissimo in altri. 


2
The Blue Herons - Go On

Per lungo tempo Andy Jossi e Gretchen DeVault hanno pubblicato, a cadenza regolare, una serie di singoli di sfavillante bellezza, ed ora li ritroviamo finalmente raccolti in un album che è davvero una bomboniera (rosa, non a caso) ricolma di delizie. Il dream pop concepito a distanza (Svizzera / California) dai due musicisti possiede da sempre un'aura speciale: jangly e di sfrontata immediatezza, dinamico, scenografico e catartico, a tratti quasi sopra le righe, curato nei particolari in modo maniacale, emozionante, avvolgente e propulsivo, una carezza per l'anima. 


1
Kindsight - No Shame No Flame

A un paio d'anni di distanza da un disco d'esordio che aveva già provato il talento straordinario del quartetto danese, il secondo album non solo testimonia un'ulteriore crescita, ma proietta la band di Nina Hyldegaard Rasmussen nell'olimpo dell'indie pop di oggi. I nove pezzi di No Shame No Flame hanno letteralmente dentro un fuoco inestinguibile: nel cuore racchiudono una raffinata gentilezza catchy, fuori esibiscono spigoli affilati. Non troverete molti gruppi al mondo in grado di suonare un guitar pop così intrinsecamente energico e delicato, sferzante e sognante al tempo stesso, a tratti leggero e a tratti struggente, con una scrittura post punk che osa essere "difficile" restando perfettamente immediata. 

21 dicembre 2024

SONGS & EPs CHRISTMAS EDITION

Arriva Natale e arriva anche l'ultima selezione di singoli ed ep dell'anno.

Non potevamo che iniziare con il pezzo natalizio di The Reds Pinks & Purples e finire con una perla di Hazel English con Day Wave Ma sono i Daydream Twins a regalarci la canzone più bella di questo mese!

Buone Feste!

  
 
 
 
 
 
 
 
 

14 dicembre 2024

Club 8 - A Year With Club 8 ALBUM REVIEW


A differenza di tante altre glorie dell'indie pop svedese, i Club 8 nei loro 30 anni 30 di carriera non hanno mai smesso di fare musica insieme. Si sono presi i loro tempi, certo, ma con rilassata calma hanno pubblicato undici album (dodici con questo), che - specialmente nell'ultimo ventennio - sono un po' passati sotto traccia, a dispetto della loro importanza nel panorama scandinavo, e non solo. 

C'è un'evidente ondata di revival da quelle parti: la testimoniano i ritorni di band come Red Sleeping Beauty e Alpaca Sports. Ma, nel caso del duo formato da Karolina Komstedt e Johan Angergård, più che di un ritorno possiamo in realtà parlare di un baluardo di un certo modo di intendere l'indie pop che è rimasto quasi inalterato nel tempo e non ha mai ammainato la bandiera. 

A Year With Club 8 è in verità un album particolare, perchè - esattamente come hanno fatto di recente i RSB - raccoglie undici pezzi usciti solo in versione digitale come singoli durante il 2024. Struttura interessante, perchè poi è un po' come se Karolina e Johan ci stessero dicendo con un pizzico di ambizione che il loro è un disco di soli singoli, cioè di canzoni in grado di arrivare subito attraverso la loro orecchiabilità. Il che è sorprendentemente ma indiscutibilmente vero. 

Parliamo di due musicisti che hanno una carriera pazzesca anche fuori dai Club 8 verso la metà dei '90 - primi '00: entrambi nei Poprace (se non li conoscete recuperateli perchè erano una delizia), solo Johan in quel prodigio che sono stati (sono?) gli Acid House Kings. Erano anni in cui in Svezia girava una vera galassia di gruppi che interpretavano il guitar pop con una sensibilità comune, twee e vagamente algida, jangly e gentile, amabilmente retrospettiva anche nell'innestare qualche essenziale e clolorato elemento di elettronica. La scena in cui sono fiorite band eccezionali come, ne cito solo una, i Sambassadeur (il mio approfondimento qui), ma basta consultare il catalogo della Labrador per testare impressionati. 

Torniamo ai Club 8. Come i tanti artisti già citati, Karolina e Johan hanno sfornato decine di canzoni nella loro carriera, spesso con una tinta indie-tronica, quasi sempre incentrate su un jangly pop raffinato ed arioso. Ed è sopratutto in quest'ultimo campo che si muovono gli undici pezzi del loro nuovo album.

Something's Wrong In My Head, primo episodio della raccolta, ha la stessa potenza post punk di molte cose dei Fear Of Men, dei primi Alvvays, dei Louxemburg Signal: catchy e squadrato al tempo stesso, chitarre fluide, drum machine e la voce inconfondibile, di neve e miele, di Karolina. 

Con Left Behind siamo dalle parti dei primi Pains Of Beeing Pure At Heart: chitarre che si fanno frizzanti, melodia cantilenante, ritmica più veloce, voci che si mescolano. Due minuti di vita. 

In Just Like Heaven, a dispetto del titolo Cure-iano, riassaporiamo il gusto inconfondibile degli Acid House Kings, mentre la densa Free Falling a me ha ricordato i mai abbastanza lodati Burning Hearts, altra band (finlandese) che ha portato in alto l'eredità dell'indie scandinavo (e poi è scomparsa). Ma in verità gli stilemi di entrambi i gruppi ci sono quasi ovunque nei pezzi dei Club 8 (prendiamo la fischiettante Nervous At Heart ad esempio). 

Daylight, che è la canzone più elettrica del lotto - la stoffa è quella tessuta da Jesus & Mary Chain - è a mio parere il momento più esaltante del disco: la via fiorita e colorata dei Club 8 al dream pop. 

Se poi ascoltate un pezzo come Sucker, così leggero, dinamico e compiuto nei suoi due minuti di chitarre scampanellanti, vi renderete conto di quanto il suono di Johan e Karolina abbia anticipato il migliore jangly pop di oggi, da Castlebeat a Day Wave. D'altra parte i Club 8 nascevano dai Poprace, che affondavano a piene mani la loro ispirazione da band come gli Heavenly. E infatti il duetto post punk semplicissimo e riuscitissimo di Sunny Day viene evidentemente da lì. 

Getting By, unico episodio oltre i tre minuti, chiude con una spettacolare trina di chitarre e un immancabile riflesso di malinconia crepuscolare: la voce di Karolina che si fa avvolgente e sensuale come non mai, il paesaggio sonoro che a poco a poco si allarga e si allontana.

Se mi chiedeste se mai avrei pensato che una band di ultra veterani avrebbe confezionato uno dei dischi migliori dell'anno, avrei probabilmente risposto senza esitazione di no. Ma tant'è: A Year With Club 8 è un album così pieno di vitalità, così essenziale e centrato nel suo approccio stilistico, così compatto nel suo mood "scandinavo", così trascinante nella sua serie di piccole perfect pop songs, così curato anche nella sua grafica, da sembrare quasi incredibile. Un regalo quasi impagabile e assolutamente inatteso per qualsiasi fan dell'indie pop. 


06 dicembre 2024

Ghost Days - Cemetery Rose EP REVIEW

Tutto nella proposta artistica di Alessia Kato denuncia apparentemente una passione totalizzante verso il post punk più dark: l'insistenza sul bianco e nero, i titoli e le liriche vagamente inquietanti, il look goth, il nome del suo progetto e persino i font scelti per le copertine. 

Nei dischi di Ghost Days quindi ti aspetti di trovare Suxie o Disintegration, e invece a ben vedere - come già dicevamo a proposito del precedente ep - quello che risalta è un'anima quasi eterea e delicatissima. 

Certo, le chitarre di Erase, il pezzo che apre alla grande la piccola raccolta, grattano e sfrigolano con quello spirito oscuro che dicevamo, però la voce delicata di Alessia e la melodia di malinconica morbidezza ci portano in un mondo di luce, per quanto crepuscolare. 

E in effetti già nella successiva scampanellante e dinamica Does It Hurt siamo decisamente dalle parti di Day Wave, quindi di un guitar pop liquido adagiato su una deum machine, ipnotico e raffinato, che poco possiede di gotico se non una sottile superficie.

Discorso che si può fare anche per Cemetery Rose e Vampire Blue, che virano decisamente in direzione di un dream pop che riesce ad attingere leggerezza da una pasta di nera densità, restando nella sua quasi totale essenzialità di chitarre, effetti e voce. Questo è senza dubbio il marker stilistico della musicista di Chicago e quello che riesce a fare meglio. 

Aspettiamo con impazienza il primo album!