Per le sue nuove canzoni Alessia ha collaborato con un altro musicista di Chicago, Owney, che ha un presente di indie pop sperimentale condito di suoni elettronici, e sembra essere stata una ottima scelta produttiva. Il risultato, i sette pezzi di Angel Tears, sono davvero un salto in avanti nelle produzioni di Ghost Days, per quanto ne conservino l'anima primigenia e lo stile peculiare.
Da Heart Apart in poi ogni episodio è incentrato sull'impasto delicatamente sognante della voce di Alessia e di una trina di chitarre jangly inghiottite da echi, riverberi e lente onde di elettricità come sassi gettati in uno stagno. Tutto è gentile e sottilmente triste, sfumato e leggero come vapore, disteso e fluttuante sopra un tappeto ritmico in genere semplicissimo e ricamato da una drum machine (un po' la formula vincente di Castlebeat, per intenderci, e Leave It Behind - pezzo migliore del lotto - possiede in effetti proprio l'aura speciale delle cose più leggiadre e scampanellanti di Josh Hwang).
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