"Un ragazzo sulla spiaggia, che fa volare il suo aquilone nella brezza estiva". E' così, in modo apertamente poetico e un po' naif, che si presenta Brian Hancheck, musicista del South Carolina che da diversi anni crea "sognanti canzoni d'amore, perdita, gioia e tristezza", sempre per usare le sue parole.
Con lo psedudonimo The Arctic Flow, Brian mette in fila il nuovo episodio della sua personale saga twee, devota integralmente ad un indie pop dalle radici ben piantate nell'immaginario della Sarah Records e votato ad un'idea stilistica di eterea e disarmante leggerezza.
Le otto canzoni di Umbrella si muovono con misurata grazia artigianale in un mondo di colori pastello: i synth sono onnipresenti ma mai invadenti, le chitarre intessono jingle jangles da manuale, i ritmi sono spartiti a metà tra calma contemplativa e cauti uptempo, i tempi sono appena appena dilatati, le melodie sono delicate esattamente come la voce di Hancheck.
Tutto è molto curato e piacevole, ma le cose migliori The Arctic Flow le fa quando i ritmi si fanno più vivaci e affiora una gioiosa energia - è il caso di Umbrella e Nothing Left - che fa pensare ad una versione "nuda" dei Pains Of Beeing Pure At Heart.
27 giugno 2017
22 giugno 2017
We The Pigs - EP2 [EP Review]
Con il loro EP di debutto, uscito all'inizio del 2016, gli svedesi We The Pigs avevano mostrato una spontanea propensione a costruire, sulla propria base shoegaze, un dream pop arioso e concreto, fatto di chitarre jangly e melodie di grande immediatezza.
Il seguito, intitolato ovviamente EP2, mette in fila quattro canzoni provenienti dallo stesso nucleo creativo dell'esordio, e se possibile rilancia con ancora più forza l'ottima impressione che avevamo avuto al debutto.
Se Start Over riprende in sostanza dove ci eravamo lasciati, con le placide onde di riverberi e synth di uno shoegaze di energica dolcezza, con Too Young siamo invece dalle parti di un indie pop sorridente e graziosamente uptempo dove le voci famminile e maschile si alternano con spontaneo equilibrio. Tutto molto piacevole, ma è con i due episodi successivi che i We The Pigs fanno il botto: la travolgente Wake Up, due minuti di muscoli e melodia killer in puro stile Pains Of Beeing Pure At Heart, e soprattutto la poderosa ed entusiasmante Go Away, che ad un vecchio fan dell'indie scandinavo come me non può non rammentare, con una lacrimuccia di commozione, i maestri Broder Daniel, con quel mix inconfondibile di elettricità libera ed armonie vocali.
Il seguito, intitolato ovviamente EP2, mette in fila quattro canzoni provenienti dallo stesso nucleo creativo dell'esordio, e se possibile rilancia con ancora più forza l'ottima impressione che avevamo avuto al debutto.
Se Start Over riprende in sostanza dove ci eravamo lasciati, con le placide onde di riverberi e synth di uno shoegaze di energica dolcezza, con Too Young siamo invece dalle parti di un indie pop sorridente e graziosamente uptempo dove le voci famminile e maschile si alternano con spontaneo equilibrio. Tutto molto piacevole, ma è con i due episodi successivi che i We The Pigs fanno il botto: la travolgente Wake Up, due minuti di muscoli e melodia killer in puro stile Pains Of Beeing Pure At Heart, e soprattutto la poderosa ed entusiasmante Go Away, che ad un vecchio fan dell'indie scandinavo come me non può non rammentare, con una lacrimuccia di commozione, i maestri Broder Daniel, con quel mix inconfondibile di elettricità libera ed armonie vocali.
13 giugno 2017
Tashaki Miyaki - The Dream [ALBUM Review]
The Dream per i Tashaki Miyaki in sostanza è un album di debutto, anche se alle spalle hanno una produzione piuttosto ampia di EP e dischi di cover. E' uno di quegli album di debutto meditati a lungo, costruiti con un paziente lavoro di lima e - diciamolo subito - con un'ambizione per nulla nascosta.
Paige Stark e Luke Paquin, i due musicisti titolari del progetto che, a dispetto del giapponesissimo nome, sono di Los Angeles, hanno costruito una raccolta di canzoni che è evidentemente pensata per essere fruita in blocco nel suo impianto circolare, racchiuso tra le spire di archi di L.A.P.D. e delle sue reprise conclusive.
I californiani suonano un dream pop di ampio respiro, nutrito di un romanticismo crepuscolare che trova nella sua ricchezza strumentale una perfetta e avvolgente dimensione di raffinatezza emozionale. La voce della Stark, che ricorda abbastanza da vicino quella carezzevole e sensuale di Hope Sandoval dei Mazzy Star, sta piacevolemte al centro di una serie di episodi di placida eleganza, dove i riverberi elettrici convivono con archi, synth, pianoforte e chitarre jangly, con una compattezza stilistica ed una cura sonora davvero invidiabili. Pezzi di preziosa ma risoluta dolcezza come Out Of My Head o le velvetiane Cool Runnings e Keep Me In Mind rivelano, senza soluzione di continuità, le ottime doti di scrittura dei Tashaki Miyaki, ed al contempo possiedono un'immediatezza melodica fortissima che forse è in definitiva il vero marchio della band.
Consigliato.
Paige Stark e Luke Paquin, i due musicisti titolari del progetto che, a dispetto del giapponesissimo nome, sono di Los Angeles, hanno costruito una raccolta di canzoni che è evidentemente pensata per essere fruita in blocco nel suo impianto circolare, racchiuso tra le spire di archi di L.A.P.D. e delle sue reprise conclusive.
I californiani suonano un dream pop di ampio respiro, nutrito di un romanticismo crepuscolare che trova nella sua ricchezza strumentale una perfetta e avvolgente dimensione di raffinatezza emozionale. La voce della Stark, che ricorda abbastanza da vicino quella carezzevole e sensuale di Hope Sandoval dei Mazzy Star, sta piacevolemte al centro di una serie di episodi di placida eleganza, dove i riverberi elettrici convivono con archi, synth, pianoforte e chitarre jangly, con una compattezza stilistica ed una cura sonora davvero invidiabili. Pezzi di preziosa ma risoluta dolcezza come Out Of My Head o le velvetiane Cool Runnings e Keep Me In Mind rivelano, senza soluzione di continuità, le ottime doti di scrittura dei Tashaki Miyaki, ed al contempo possiedono un'immediatezza melodica fortissima che forse è in definitiva il vero marchio della band.
Consigliato.
01 giugno 2017
Adult Mom - Soft Spots [ALBUM Review]
Da almeno un quinquennio Steph Knipe pubblica musica con la sua band dal curioso nome Adult Mom. Siamo dalle parti di un indie che sta a metà tra una dimensione cantautorale fatta di canzoni brevi e liriche argute e un'attitudine guitar pop da band lo-fi che registra in cameretta ma sa bene come sfruttare la propria energia.
Soft Spots, l'ultimo lavoro dei newyorkesi, mette insieme le due anime in modo così naturale, efficace e intelligente (anche rispetto alle pur piacevoli uscite precedenti) da sembrare davvero un piccolo capolavoro del genere, non diverso nelle sonorità e nella concezione da artiste come Frankie Cosmos o Eskimeaux (di cui abbiamo parlato spesso e volentieri) ma anche dal garage pop brillante degli Sports.
I nove episodi dell'album riflettono perfettamente la duplice natura di Adult Mom: la morbidezza acustica di Ephemeralness e subito dopo il variopinto uptempo di Full Screen e di J Station; l'intimismo in delicato crescendo della splendida Patience e poi la forza gentile e insieme inarrestabile di Steal The Lake From The Water, il pezzo che rappresenta il perno ideale del disco ed è una ruvida carezza melodica che già da sola è un limpido specchio dello stile di Steph e compagni. A chiudere circolarmente un lavoro ovunque convincente, altri due gioiellini agrodolci come la dinamica Drive Me Home e la malinconica e quasi commovente First Day Of Spring.
Imperdibile.
Soft Spots, l'ultimo lavoro dei newyorkesi, mette insieme le due anime in modo così naturale, efficace e intelligente (anche rispetto alle pur piacevoli uscite precedenti) da sembrare davvero un piccolo capolavoro del genere, non diverso nelle sonorità e nella concezione da artiste come Frankie Cosmos o Eskimeaux (di cui abbiamo parlato spesso e volentieri) ma anche dal garage pop brillante degli Sports.
I nove episodi dell'album riflettono perfettamente la duplice natura di Adult Mom: la morbidezza acustica di Ephemeralness e subito dopo il variopinto uptempo di Full Screen e di J Station; l'intimismo in delicato crescendo della splendida Patience e poi la forza gentile e insieme inarrestabile di Steal The Lake From The Water, il pezzo che rappresenta il perno ideale del disco ed è una ruvida carezza melodica che già da sola è un limpido specchio dello stile di Steph e compagni. A chiudere circolarmente un lavoro ovunque convincente, altri due gioiellini agrodolci come la dinamica Drive Me Home e la malinconica e quasi commovente First Day Of Spring.
Imperdibile.
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