La Middle Class Cigars è una etichetta che, da Singapore, funziona da piccolo ma indispensabile hub per l'indie pop dell'estremo oriente: ha pubblicato, tra gli altri, i dischi dei Subsonic Eye e dei Sobs. L'ultima uscita in ordine di tempo è questo album di debutto dei filippini The Buildings, che in realtà risale al 2016 ma rischiava davvero di passare inosservato senza una vetrina più ampia che lo recuperasse.
Mariah Reodica e i suoi tre compagni si trovano alla perfetta confluenza fra l'indie dei Novanta, con le sue chitarre sempre un po' oblique e nervose, il twee pop intelligente e brioso alla Heavenly ed un pop punk frizzante da band del liceo. Hanno registrato i dodici pezzi dell'album in una cameretta persa negli immensi suburbi di Manila, ma se non dichiarassero la loro nazionalità li potremmo figurare tranquillamente in una qualsiasi periferia americana.
Tra i tanti gruppi asiatici di cui abbiamo parlato negli ultimi anni, quasi tutti tecnicamente bravissimi e stilisticamente onnivori, i Buildings mi sembrano i più spontanei e al contempo i più immediati. Pezzi spigliati e dannatamente orecchiabili come Different Shades Of Blue (ce n'è almeno mezza dozzina nel disco) mostrano una band capace di mescolare energia e dolcezza con una trascinante forza comunicativa.
Aspettiamo con trepidazione il secondo album.
29 giugno 2019
The Buildings - CELL-O-PHANE ALBUM
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25 giugno 2019
Hatchie - Keepsake ALBUM
Personalmente seguo Hatchie fin dal suo primo singolo, Try, che usciva esattamente due anni fa. L'amore di Harriette Pilbeam per i suoni degli anni '80 era evidente sin da allora, ed è indiscutibilmente il suo marchio di fabbrica.
L'EP uscito l'anno scorso, Sugar And Spice, non mi aveva convinto fino in fondo, pur avendo in apertura una gemma assoluta come Sure: le idee c'erano già tutte, così come la grande facilità di scrittura, ma la realizzazione mancava di spessore produttivo e si fermava a metà del guado, finendo per assomigliare agli Alvvays senza esserlo.
Ho aspettato il vero album di debutto Keepsake con l'entusiasmo del fan della primissima ora, e pure con un pizzico di scetticismo, ed oggi bisogna oggettivamente ammettere che la musicista di Brisbane ha fatto un salto in avanti pazzesco, sotto tutti i punti di vista.
I dieci episodi del disco hanno la dimensione ampia, la scintillante brillantezza, la colorata estetica del dream pop più luminoso e raffinato, ma hanno anche qualcosa di più movimentato ed ambizioso. Ci sono essenziali chitarre jangly, ma anche una ricca glassa di suoni elettronici vintage e overdubbing, ci sono soffici riverberi e melodie che partono timide e si liberano in ritornelli di ammiccante immediatezza, ci sono scie oniriche ma anche momenti ballabili (Kylie Minogue?) . E c'è la voce di Harriette che - tra tanti elementi di crescita - è quello che ha fatto il miglioramento più netto ed evidente.
Molti recensori finiranno per catalogare il tutto come '80s nostalgia, o qualcosa di simile, ma sarebbe davvero riduttivo, perchè se è vero che Keepsake è pieno zeppo di citazioni colte e/o spontanee a quegli stilemi pop, è altrettanto vero che Hatchie sembra avere trovato la sua cifra stilistica con una lucidità impressionante, muovendosi nel suo mondo sonoro con una sensualità tanto seducente quanto inattesa.
L'EP uscito l'anno scorso, Sugar And Spice, non mi aveva convinto fino in fondo, pur avendo in apertura una gemma assoluta come Sure: le idee c'erano già tutte, così come la grande facilità di scrittura, ma la realizzazione mancava di spessore produttivo e si fermava a metà del guado, finendo per assomigliare agli Alvvays senza esserlo.
Ho aspettato il vero album di debutto Keepsake con l'entusiasmo del fan della primissima ora, e pure con un pizzico di scetticismo, ed oggi bisogna oggettivamente ammettere che la musicista di Brisbane ha fatto un salto in avanti pazzesco, sotto tutti i punti di vista.
I dieci episodi del disco hanno la dimensione ampia, la scintillante brillantezza, la colorata estetica del dream pop più luminoso e raffinato, ma hanno anche qualcosa di più movimentato ed ambizioso. Ci sono essenziali chitarre jangly, ma anche una ricca glassa di suoni elettronici vintage e overdubbing, ci sono soffici riverberi e melodie che partono timide e si liberano in ritornelli di ammiccante immediatezza, ci sono scie oniriche ma anche momenti ballabili (Kylie Minogue?) . E c'è la voce di Harriette che - tra tanti elementi di crescita - è quello che ha fatto il miglioramento più netto ed evidente.
Molti recensori finiranno per catalogare il tutto come '80s nostalgia, o qualcosa di simile, ma sarebbe davvero riduttivo, perchè se è vero che Keepsake è pieno zeppo di citazioni colte e/o spontanee a quegli stilemi pop, è altrettanto vero che Hatchie sembra avere trovato la sua cifra stilistica con una lucidità impressionante, muovendosi nel suo mondo sonoro con una sensualità tanto seducente quanto inattesa.
21 giugno 2019
Fresh - Withdraw ALBUM
Chi, come me, è abbastanza vecchio per aver vissuto in diretta la stagione indie dei Novanta, si ricorderà di quante band riempissero di elettricità le cantine di mezzo mondo. Bastavano, in fondo, una chitarra, un basso, una batteria e un po' di idee, senza grandi pretese di raffinatezza produttiva.
E' per questo che, a distanza di quasi trent'anni e con una progressiva eclissi delle chitarre dalla musica pop, mi conforta non poco che giovani gruppi come i Beths o i Martha o i Remember Sports puntino oggi a quella stessa energica e preziosa essenzialità garage pop.
I Fresh, che vengono da Londra e sono arrivati al secondo album, possono stare con merito nel gruppo di testa dei "punk gentili" che abbiamo citato. Come loro amano le canzoni veloci e le chitarre che si rincorrono e sfrigolano al punto giusto. E come loro hanno un'attitudine melodica intelligente e varia, che supera con naturalezza il cliché del pezzo di un minuto e mezzo e osa creare strutture più complesse, piene di cambi di ritmo, armonie vocali e persino momenti di intimismo acustico. La bella voce di Kathryn Woods si adatta perfettamente alle variazioni di tono presenti nei dodici episodi dell'album: spontaneamente energica nei pezzi più muscolari, morbida e quasi sensuale in quelli più raccolti.
Un piccolo grande album, onesto e trascinante. Da non perdere!
E' per questo che, a distanza di quasi trent'anni e con una progressiva eclissi delle chitarre dalla musica pop, mi conforta non poco che giovani gruppi come i Beths o i Martha o i Remember Sports puntino oggi a quella stessa energica e preziosa essenzialità garage pop.
I Fresh, che vengono da Londra e sono arrivati al secondo album, possono stare con merito nel gruppo di testa dei "punk gentili" che abbiamo citato. Come loro amano le canzoni veloci e le chitarre che si rincorrono e sfrigolano al punto giusto. E come loro hanno un'attitudine melodica intelligente e varia, che supera con naturalezza il cliché del pezzo di un minuto e mezzo e osa creare strutture più complesse, piene di cambi di ritmo, armonie vocali e persino momenti di intimismo acustico. La bella voce di Kathryn Woods si adatta perfettamente alle variazioni di tono presenti nei dodici episodi dell'album: spontaneamente energica nei pezzi più muscolari, morbida e quasi sensuale in quelli più raccolti.
Un piccolo grande album, onesto e trascinante. Da non perdere!
17 giugno 2019
Bubblegum Lemonade - Desperately Seeking Sunshine ALBUM
Parlare della musica dello scozzese Laz McCluskey è ormai pleonastico. I suoi Bubblegum Lemonade sono dei veterani e da più di un decennio la Matinée Recordings porta avanti la sua idea splendidamente retrò di indie pop, ispirata più ai Byrds e ai Beach Boys che alla scena britannica di fine Ottanta.
Laz è uno di quei preziosi artigiani pop in grado di confezionare una canzone orecchiabile dietro l'altra senza diminuirne mai il livello qualitativo, e in questo ennesimo (quinto se conto bene) album lo dimostra con la solita sorridente e sorniona naturalezza.
Le chitarre scampanellano leggere come sempre, le melodie si succedono ariose e profumate di California e persino i consueti variopinti colori della copertina sono perfettamente coerenti con il contenuto, per non parlare del titolo, Desperately Seeking Sunshine, che suona davvero programmatico.
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13 giugno 2019
Seablite - Grass Stains And Novocaine ALBUM
Non credo sia un caso se la copertina di Grass Stains And Novocaine, l'album di debutto dei Seablite, assomiglia in modo impressionate a tante copertine dei dischi dei Lush.
I quattro di San Francisco in effetti suonano un dream pop dai ritmi veloci che sembra rifarsi, come modello, a quando lo shoegaze non si chiamava nemmeno ancora così e il gruppo inglese era uno dei primi a mettere insieme distorsioni e sensibilità femminile.
Diciamolo subito: Lauren Matsui e compagni hanno fatto uscire uno degli esordi più entusiasmanti dell'anno. Le undici canzoni del lotto si succedono con una trascinante freschezza ed una onesta immediatezza di fondo che sono il vero motore della band. Tutto funziona alla grande dal primo all'ultimo minuto: le ritmiche dritte, la pulsante stratificazione delle chitarre e delle voci, le melodie che alternano con perfetto equilibrio luci pop punk e ombre oblique che fanno pensare ad una versione meno inquietante dei Fear Of Men.
Segnatevi il nome Seablite, perché li ritroverete senza dubbio nella lista dei dischi migliori del 2019.
I quattro di San Francisco in effetti suonano un dream pop dai ritmi veloci che sembra rifarsi, come modello, a quando lo shoegaze non si chiamava nemmeno ancora così e il gruppo inglese era uno dei primi a mettere insieme distorsioni e sensibilità femminile.
Diciamolo subito: Lauren Matsui e compagni hanno fatto uscire uno degli esordi più entusiasmanti dell'anno. Le undici canzoni del lotto si succedono con una trascinante freschezza ed una onesta immediatezza di fondo che sono il vero motore della band. Tutto funziona alla grande dal primo all'ultimo minuto: le ritmiche dritte, la pulsante stratificazione delle chitarre e delle voci, le melodie che alternano con perfetto equilibrio luci pop punk e ombre oblique che fanno pensare ad una versione meno inquietante dei Fear Of Men.
Segnatevi il nome Seablite, perché li ritroverete senza dubbio nella lista dei dischi migliori del 2019.
09 giugno 2019
No Suits In Miami - I Hope That No One Sees Me ALBUM
Giusto un paio di settimane fa scrivevo che c'è un filo che sembra collegare le band indie pop svedesi di questo periodo, che mette insieme inquietudine e melodia. Ecco, i No Suits In Miami, che sono pure svedesi e vengono da Lund, di inquietudine ne possiedono davvero poca e tuttavia sono validi quanto Westkust o Makthaverskan.
Michelle Dzgoeva e i suoi tre compagni suonano un jangly pop che è sempre luminoso e delicato: nelle morbide trame delle chitarre e nei ritmi, nella voce misurata e quasi timida e nell'ariosa leggerezza dei ritornelli. La stessa formula che è stata di una delle più grandi band indie pop svedesi dei Novanta, quei Popsicle che forse qualcuno di voi ricorderà.
Ma il filo di cui parlavamo in realtà c'è: nel titolo stesso dell'album (I Hope That No One Sees Me è un'affermazione ironicamente impegnativa) e in alcuni episodi (Only You Know How e Week) che si increspano di più su ritmi uptempo.
Solo otto pezzi, ma è uno dei dischi più interessanti usciti quest'anno.
Michelle Dzgoeva e i suoi tre compagni suonano un jangly pop che è sempre luminoso e delicato: nelle morbide trame delle chitarre e nei ritmi, nella voce misurata e quasi timida e nell'ariosa leggerezza dei ritornelli. La stessa formula che è stata di una delle più grandi band indie pop svedesi dei Novanta, quei Popsicle che forse qualcuno di voi ricorderà.
Ma il filo di cui parlavamo in realtà c'è: nel titolo stesso dell'album (I Hope That No One Sees Me è un'affermazione ironicamente impegnativa) e in alcuni episodi (Only You Know How e Week) che si increspano di più su ritmi uptempo.
Solo otto pezzi, ma è uno dei dischi più interessanti usciti quest'anno.
03 giugno 2019
Flying Fish Cove - At Moonset ALBUM
Band come i Flying Fish Cove (ne abbiamo parlato per l'EP di debutto l'anno passato) sono un prezioso genere di conforto per ogni appassionato di indie pop.
In effetti hanno tutto quello che si potrebbe chiedere a un gruppo devoto al genere: uno stile che rimanda direttamente ai maestri della Sarah Records (Heavenly soprattutto), un'attitudine artigianale che non ha paura di nascondere qualche adorabile difetto, una voce femminile garbata (quella di Dena Zilber), una buona dose di sorridente ironia, un corredo di chitarre jangly sfrontatamente spumeggiante e quei cambi di ritmo che ci fanno sempre impazzire.
In più, la band di Seattle (che è la capitale dell'indie pop americano, ça va sans dire), aggiunge pure l'ospitata di lusso di Greta Kline, che offre la sua voce nel brillante singolo Johnny Paper e in definitiva ci fa notare che i suoi Frankie Cosmos a tratti assomigliano come due gocce d'acqua ai Flying Fish Cove (ed è una cosa buona!).
Un album di rasserenante leggerezza, da non perdere.
In effetti hanno tutto quello che si potrebbe chiedere a un gruppo devoto al genere: uno stile che rimanda direttamente ai maestri della Sarah Records (Heavenly soprattutto), un'attitudine artigianale che non ha paura di nascondere qualche adorabile difetto, una voce femminile garbata (quella di Dena Zilber), una buona dose di sorridente ironia, un corredo di chitarre jangly sfrontatamente spumeggiante e quei cambi di ritmo che ci fanno sempre impazzire.
In più, la band di Seattle (che è la capitale dell'indie pop americano, ça va sans dire), aggiunge pure l'ospitata di lusso di Greta Kline, che offre la sua voce nel brillante singolo Johnny Paper e in definitiva ci fa notare che i suoi Frankie Cosmos a tratti assomigliano come due gocce d'acqua ai Flying Fish Cove (ed è una cosa buona!).
Un album di rasserenante leggerezza, da non perdere.
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