29 novembre 2020

Lavender Blush - The Garden Of Inescapable Pleasure ALBUM

Per ogni vero amante del dream pop, i californiani Lavender Blush sono in fondo la band ideale. Hanno tutto quello che ci si può attendere dal genere: un retroterra da shoegazer che rimanda al miele elettrico degli Slowdive, muri di chitarre sfrigolanti e synth pronti a sciogliersi davanti a melodie che sembrano uscite dal timeless pop dei primi sessanta (Oh Anna), e su tutto quell'idea di psichedelia noise dannatamente essenziale, quella che non esce mai dal quadro, ispirata a Jesus & Mary Chain e a tutto quello che è venuto dopo. 

Ryan Lescure e compagni, per il loro primo album dopo una serie di interessanti EP, hanno messo insieme dieci pezzi di sognante ed eterea bellezza, dolci e pieni di brezza leggera come un tramonto primaverile della natia San Francisco e confortevolmente graffiati come un vecchio prezioso vinile. Dieci pezzi che non sembrano avere soluzione di continuità nella loro magica successione di dense brume e soffi di vento tiepido, delicatamente ondeggianti come una marea calma ma inarrestabile. 

25 novembre 2020

The Bats - Foothills ALBUM

Sono passati 38 anni - sì, 38 anni - da quando Robert Scott e Paul Keane, seguiti di lì a poco da Kaye Woodward e Malcolm Grant, fondarono i Bats nella natia Christchurch. In mezzo, da allora fino all'odierno Foothills, ci sono dieci album che hanno fatto la piccola ma inesorabile gloria di una di quelle band che l'indie pop non l'hanno solo fatto, ma praticamente fondato.

Composto e suonato in un buen ritiro montano sulle alpi neozelandesi - rimettendo insieme i componenti del gruppo sottratti per qualche settimana alle proprie normalissime vite - il nuovo album sembra essere nato da sé, con quell'automatismo naturale e spontaneo che solo musicisti che si conoscono da quattro decenni possono mettere in pratica. 

Non ci sono quindi particolari sorprese nei dodici episodi del disco, ma non è certo quello che ci si può aspettare dai Bats. I quattro neozelandesi maneggiano un guitar pop che è "il loro" da sempre, quello sanno fare, e grazie a quello hanno influenzato almeno un paio di generazioni di band in tutto il mondo. Le canzoni si succedono con una grazia sorniona e sorridente, alternando ritmi pacatamente uptempo e momenti semi-acustici di struggente delicatezza folksy (Scrolling è la mia preferita), con una semplicità e una leggerezza che sono davvero da sempre il loro marchio di fabbrica. E con l'idea, mai abbandonata, che la produzione non debba aggiungere assolutamente nulla a quanto può essere suonato insieme dal vivo: una coerenza che da un lato non ha mai concesso alla musica dei Bats dei veri salti in avanti, ma al contempo li ha conservati splendidamente coerenti. 

21 novembre 2020

The Luxembourg Signal - The Long Now ALBUM

Diciamolo subito, poche band possiedono l'eleganza senza tempo dei Luxembourg Signal. Tutto nei loro tre album è raffinato e ineccepibile, dalle copertine che giocano con il neon e la monocromia fino, ovviamente, ai suoni.

The Long Now già nel titolo dice in qualche modo la dimensione in cui la band si muove: un adesso che attraversa il passato (Joy Division, Brian Eno, New Order, il C86, i Cure, i Jesus & Mary Chain, la Sarah, lo shoegaze) e illumina di quella stessa luce presente e futuro. 

Beth Arzy, Betsy Moyer, Ginny Pitchford, Brian Espinosa, Daniel Kumiega e Kelly Davis - e parliamo di musicisti che sono in giro da tanto tanto tempo - non fanno propriamente dream pop, ma potrebbero esserne, loro stessi e i loro dischi, una perfetta definizione. Pur con un mood diverso, che può variare dalla più notturna malinconia ad una leggerezza sorridente, i pezzi dei Luxembourg Signal condividono la ricerca maniacale per la perfezione di ogni elemento: non c'è nei dieci episodi di The Long Now (e non c'era in quelli dei vecchi album) un solo dettaglio in più del necessario. Le chitarre jangly e quelle che si dilatano nelle distorsioni, le voci suadenti, misuratamente sensuali, di seta e velluto, di Beth e Betsy, i synth che disegnano il paesaggio intorno, una sezione ritmica che impone sempre una dinamica delicatamente squadrata, la sensazione di essere sempre immersi un mare di riflessi baluginanti. 

Pezzi come 2:22, Lost Hearts, Cut The Bridle (ma si possono tranquillamente nominare tutti) hanno quella formidabile immediatezza melodica che ti arriva direttamente addosso ma senza travolgere, come un abbraccio morbido e inestricabile. 

Straordinari. Come sempre. 

17 novembre 2020

Egoism - On Our Minds EP

Scout Eastment e Olive Rush suonano da quando erano a scuola insieme nella natia Sydney, mettendo in comune voci e strumenti e iniziando nel luogo in cui tutte le band hanno cominciato, in cameretta. 

L'armonia tra i due riflette questa simbiosi, sempre più evidente a partire dagli splendidi singoli che ce li hanno fatti scoprire (Sorry ed Enemies) ed ormai pienamente consolidata nel loro nuovo EP. I cinque episodi possiedono la corrusca luminosità del dream pop più dinamico, arioso e melodico, quello di Hatchie, della prima Hazel English (giusto per citare altri australiani) o dei Night Flowers, per intenderci: tutto gira intorno all'intreccio delle voci e delle chitarre, con un'idea base di sognante leggerezza che si lega perfettamente alla struttura circolare di ogni pezzo e si esalta nella ripetizione ipnotica dei ritornelli. 

Dagli esordi gli Egoism sono cresciuti tantissimo, ma senza abbandonare né la dimensione auto-prodotta e artigianale, né la entusiastica freschezza dei debuttanti. Oggi il loro innato talento di scrittura è potenziato da un'attenzione ai particolari che rende ogni pezzo dell'EP un piccolo gioiello dream pop. 

13 novembre 2020

Terry vs Tori - Heathers ALBUM

In una terra, quella spagnola, che ha dato sempre tanto all'indie pop, i Terry vs Tori sembrano essere oggi - anche grazie all'uso dell'inglese nelle liriche - la band più internazionale dell'intera scena iberica. 

La band di Siviglia è in giro da diversi anni e si è fatta le ossa con una serie di singoli ed ep di notevole fattura, e Heathers è il suo vero album di debutto. Il guitar pop di Terry vs Tori si colloca con un orizzonte ampio davanti a sé, utilizzando le sue immancabili chitarre jangly con intenzioni diverse a seconda dell'episodio del disco: ora in un senso più dreamy, etereo e psichedelico, ora con un attitudine nostalgica (ed esplicitamente pop oriented) dei sixties e di tutta una galassia degli ottanta-novanta che va dai synth al C86, dai Teenage Fanclub allo shoegaze, talvolta dipingendo le proprie linee melodiche di malinconia, più spesso illuminandole di una tiepida luce meridiana. 

Su tutto, in ogni produzione del gruppo di Erica Pender, trionfa comunque un'eleganza atemporale e quasi algida nella sua ricerca del suono perfetto. Frutto evidente di un lavoro di cesello che si percepisce in ogni singolo dettaglio di ogni pezzo e che fa scintillare l'intero album di un impressionante nitore formale, senza rinunciare ad una piacevole immediatezza. 

08 novembre 2020

No Thank You - Embroidered Foliage

I No Thank You di Kaytee Della Monica si definiscono in modo piuttosto laconico "adulti contemporanei che fanno indie rock contemporaneo". In realtà conosciamo bene da anni la band di Philadelphia e sappiamo con quale passione porti avanti la sua personale idea di power pop.

Embroidered Foliage vede il trio della Pennsylvania salire un ulteriore ampio gradino della propria carriera, producendo dieci pezzi di poderosa, energica, sfrigolante, elettrica, drammatica immediatezza. Da sempre il talento di Kaytee e compagni è stato quello di sovrapporre con straordinaria naturalezza muscoli e delicatezza, rabbia e slancio melodico. Con l'urgenza travolgente che fin dagli esordi li muove, i No Thank You oggi hanno raggiunto un equilibrio di scrittura formidabile: hanno sfrondato ogni possibile orpello e ridotto la durata di ogni canzone a due minuti, poco meno o poco più (l'unica eccezione è il denso e devastante pezzo che dà il titolo all'album, dove fanno capolino anche piano e archi), e hanno lavorato duro perché ognuno degli episodi del disco arrivasse subito alle orecchie e al cuore dell'ascoltatore come un benefico schiaffo, mettendo insieme luce e buio, attimi di (apparente) eterea quiete acustica e squarci di cupa distorsione. 

Da non perdere!

03 novembre 2020

Supercrush - SODO Pop ALBUM

Nella storia del rock i Teenage Fanclub sono stati un fondamentale anello di trasmissione fra i '60 dei Byrds, i '70 dei Big Star e dei T Rex, gli '80 dei Pixies e tutto l'indie che è venuto dopo di loro. In fondo alla catena oggi ci sono (per fortuna) band come i Supercrush, che portano avanti l'arte dei maestri con una freschezza ben più entusiastica ed attuale che realmente retrospettiva.

Mark Palm, il signor Supercrush, ha alle spalle una carriera piuttosto eclettica in diversi gruppi della West Coast, e fino a SODO Pop il suo era un progetto laterale cui dedicava giusto qualche singolo ogni tanto (sono raccolti in Never Let You Drift Away, uscito nel '19). Spostato finalmente il focus sul suo coté power pop, Palm ha dato vita ad uno degli album più luminosamente energetici dell'anno, dedicandoci tempo, forze e financo una produzione di scintillante finezza.

I dieci pezzi del disco - con l'ago della bussola ben puntato verso un territorio a metà tra Bandwagonesque dei Teenage e le cose più melodiche dei Dinosaur Jr - sono una consapevole celebrazione del guitar pop più fragoroso e al contempo colorato e cantabile, pieno di elettricità gentile, ritornelli memorabili e arrangiamenti di nostalgica classe. Un nineties indie non rivissuto come omaggio intellettuale ma vissuto in diretta, con quella spontanea sfrontatezza che a Mark Palm non sembra davvero mancare.

Una delle più belle sorprese dell'anno.