A differenza di tante altre glorie dell'indie pop svedese, i Club 8 nei loro 30 anni 30 di carriera non hanno mai smesso di fare musica insieme. Si sono presi i loro tempi, certo, ma con rilassata calma hanno pubblicato undici album (dodici con questo), che - specialmente nell'ultimo ventennio - sono un po' passati sotto traccia, a dispetto della loro importanza nel panorama scandinavo, e non solo.
C'è un'evidente ondata di revival da quelle parti: la testimoniano i ritorni di band come Red Sleeping Beauty e Alpaca Sports. Ma, nel caso del duo formato da Karolina Komstedt e Johan Angergård, più che di un ritorno possiamo in realtà parlare di un baluardo di un certo modo di intendere l'indie pop che è rimasto quasi inalterato nel tempo e non ha mai ammainato la bandiera.
A Year With Club 8 è in verità un album particolare, perchè - esattamente come hanno fatto di recente i RSB - raccoglie undici pezzi usciti solo in versione digitale come singoli durante il 2024. Struttura interessante, perchè poi è un po' come se Karolina e Johan ci stessero dicendo con un pizzico di ambizione che il loro è un disco di soli singoli, cioè di canzoni in grado di arrivare subito attraverso la loro orecchiabilità. Il che è sorprendentemente ma indiscutibilmente vero.
Parliamo di due musicisti che hanno una carriera pazzesca anche fuori dai Club 8 verso la metà dei '90 - primi '00: entrambi nei Poprace (se non li conoscete recuperateli perchè erano una delizia), solo Johan in quel prodigio che sono stati (sono?) gli Acid House Kings. Erano anni in cui in Svezia girava una vera galassia di gruppi che interpretavano il guitar pop con una sensibilità comune, twee e vagamente algida, jangly e gentile, amabilmente retrospettiva anche nell'innestare qualche essenziale e clolorato elemento di elettronica. La scena in cui sono fiorite band eccezionali come, ne cito solo una, i Sambassadeur (il mio approfondimento qui), ma basta consultare il catalogo della Labrador per testare impressionati.
Torniamo ai Club 8. Come i tanti artisti già citati, Karolina e Johan hanno sfornato decine di canzoni nella loro carriera, spesso con una tinta indie-tronica, quasi sempre incentrate su un jangly pop raffinato ed arioso. Ed è sopratutto in quest'ultimo campo che si muovono gli undici pezzi del loro nuovo album.
Something's Wrong In My Head, primo episodio della raccolta, ha la stessa potenza post punk di molte cose dei Fear Of Men, dei primi Alvvays, dei Louxemburg Signal: catchy e squadrato al tempo stesso, chitarre fluide, drum machine e la voce inconfondibile, di neve e miele, di Karolina.
Con Left Behind siamo dalle parti dei primi Pains Of Beeing Pure At Heart: chitarre che si fanno frizzanti, melodia cantilenante, ritmica più veloce, voci che si mescolano. Due minuti di vita.
In Just Like Heaven, a dispetto del titolo Cure-iano, riassaporiamo il gusto inconfondibile degli Acid House Kings, mentre la densa Free Falling a me ha ricordato i mai abbastanza lodati Burning Hearts, altra band (finlandese) che ha portato in alto l'eredità dell'indie scandinavo (e poi è scomparsa). Ma in verità gli stilemi di entrambi i gruppi ci sono quasi ovunque nei pezzi dei Club 8 (prendiamo la fischiettante Nervous At Heart ad esempio).
Daylight, che è la canzone più elettrica del lotto - la stoffa è quella tessuta da Jesus & Mary Chain - è a mio parere il momento più esaltante del disco: la via fiorita e colorata dei Club 8 al dream pop.
Se poi ascoltate un pezzo come Sucker, così leggero, dinamico e compiuto nei suoi due minuti di chitarre scampanellanti, vi renderete conto di quanto il suono di Johan e Karolina abbia anticipato il migliore jangly pop di oggi, da Castlebeat a Day Wave. D'altra parte i Club 8 nascevano dai Poprace, che affondavano a piene mani la loro ispirazione da band come gli Heavenly. E infatti il duetto post punk semplicissimo e riuscitissimo di Sunny Day viene evidentemente da lì.
Getting By, unico episodio oltre i tre minuti, chiude con una spettacolare trina di chitarre e un immancabile riflesso di malinconia crepuscolare: la voce di Karolina che si fa avvolgente e sensuale come non mai, il paesaggio sonoro che a poco a poco si allarga e si allontana.
Se mi chiedeste se mai avrei pensato che una band di ultra veterani avrebbe confezionato uno dei dischi migliori dell'anno, avrei probabilmente risposto senza esitazione di no. Ma tant'è: A Year With Club 8 è un album così pieno di vitalità, così essenziale e centrato nel suo approccio stilistico, così compatto nel suo mood "scandinavo", così trascinante nella sua serie di piccole perfect pop songs, così curato anche nella sua grafica, da sembrare quasi incredibile. Un regalo quasi impagabile e assolutamente inatteso per qualsiasi fan dell'indie pop.
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