Esaurita la parentesi autobiografica, passiamo a questo æblefrø (che poi vuol dire "seme di mela" esattamente come il nome della band), che è una vera e propria porla che sembra uscita con uno strano incantesimo dal catalogo Sarah Records dei primissimi novanta. Ditte Duus e Kasper Clemmensen, con il loro indie pop vagamente stralunato e gentilmente uptempo, non possono non ricordare gli Heavenly: nei dieci pezzi dell'album ritroviamo in fondo il medesimo spirito artigianale, le chitarre scampanellanti, le melodie di sbarazzina immediatezza e quella naturale armonia fra le voci maschile e femminile che è stata uno dei marchi di fabbrica di Fletcher e Pursey. Ma gli Appleseeds - per loro stessa ammissione - rivendicano soprattutto di voler assomigliare a un'altra band dell'epoca d'oro dell'indie pop, quei Po! di Ruth Miller che troppo spesso vengono dimenticati ma sono stati uno dei gruppi più influenti della scena che amiamo.
Il duo di Copenhagen mostra un'adesione all'estetica twee tanto spontanea quanto di stretta ortodossia: tutto nelle loro canzoni possiede una delicatezza essenziale e sorridente, terribilmente catchy e priva di fronzoli (giusto il flauto di Friend), appena appena ruvida in superficie (come possono esserlo i Jeanines per intenderci) e con un cuore di adorabile tenerezza. Come si fa a non innamorarsi follemente di pezzi come The Lonely One, Anything Goes o Spinning 'Round?
Un piccolo scrigno di meraviglie, fra l'altro con una copertina (di Mamoru Yamamoto) di rara bellezza.
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