Quattro anni fa, con il loro esordio Hide And Seek, i Mammoth Penguins di Emma Kupa attirarono non poco l'attenzione, grazie alla loro innata capacità di mescolare forza e melodia in un punk pop vario, intelligente e contagioso.
There's No Fight We Can't Both Win riparte da dove avevamo lasciato il terzetto inglese, ovvero dal loro guitar pop frizzante e complesso pur nella sua essenzialità di chitarra basso batteria. Le capacità di scrittura di Emma ormai sono note, così come la sua personalità vocale trascinante: le undici canzoni dell'album si succedono così con un'organicità stilistica forte e definita, giocando come sempre a mescolare delicatezza e ruvidezza di pezzo in pezzo e persino all'interno dello stesso episodio (l'intensa Let Yourself Be contiene da sola l'intera formula musicale dei Mammoth Penguins concentrata in cinque minuti a dir poco scenografici).
A guardare bene, nelle canzoni di Emma Kupa ci sono rimandi a tante cose diverse, dai sixties al punk, dal C86 all'indie dei Novanta. Il bello dei Mammoth Penguins (e la stessa cosa si può dire di una band come i Beths, che da un certo punto di vista sono i loro cugini neozelandesi) è che tutto è frullato insieme con quella sbarazzina sfrontatezza da garage pop che è uno dei punti di forza del gruppo.
Rispetto al disco di debutto forse manca un po' quell'effetto sorpresa che all'epoca ci aveva fatto davvero entusiasmare, ma non c'è dubbio che There's No Fight We Can't Both Win sia un album di altissimo livello.
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