Non avevo molte aspettative quando mi sono imbattuto in questo album di debutto dei Moon In June (e confesso che non amo le copertine in stile manga), e invece alla fine mi sono innamorato del loro dream pop così luminoso e catchy, in fondo così simile a quello di band che adoro come Night Flowers o The Blue Herons.
Il background dei Moon In June è dichiaratamente legato allo shoegaze (nel lotto c'è una canzone intitolata Slowdive, e abbiamo detto tutto), tuttavia - anche ascoltando i precedenti - appare evidente come il gruppo giapponese utilizzi l'architettura fuzzy delle chitarre non come elemento portante ma piuttosto come elemento estetico che contribuisce ad una visione sonora decisamente pop.
Non c'è un secondo nei dodici pezzi del disco che non esibisca una decisa apertura melodica, tanto che affiorano pure qua e là echi dei primi Oasis (Fuzzzzy Moon, Overdriver). Se dovessimo indicare i veri padrini stilistici della band faremmo però subito il nome dei Say Sue Me, per quella capacità di mescolare ruvido e morbido, elettricità e zucchero. Tanto che, a dirla tutta, i cinque di Tokyo potenzialmente potrebbero già rivaleggiare con il blasonato gruppo coreano per talento di scrittura, pulizia del suono, piacevolezza e modulazione dei toni e delle atmosfere.
Ci sono pezzi davvero molto pop (e molto giapponesi nel gusto melodico, d'altra parte anche le liriche sono nel loro linguaggio materno) tra i dodici, ma anche episodi più muscolari ed altri più dilatati, a squadernare tutte le possibilità espressive che la band sembra possedere, e a mostrare una dimensione che pare già compiutamente internazionale e che meriterebbe a Moon In June un'attenzione non limitata alla sola scena nipponica.
Per quanto mi riguarda, uno degli album migliori del 2023.
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