Ciò che sorprende (positivamente) del nuovo ep allora non è una particolare svolta stilistica, quanto la straordinari qualità di queste sei canzoni, che nell'album non solo non avrebbero sfigurato, ma forse si sarebbero prese la copertina e avrebbero reso l'intero disco ancora più bello e completo.
Già a partire dall'incipit di It Was You, THALA dimostra di avere abbracciato anima e corpo un mondo espressivo affine a quello di Sharon Van Etten, della prima Laura Stevenson, di Waxahatchee e Soccer Mommy: forte emotività, chitarre spesso poderose, oscurità e melodia, dolcezza e catartica elettricità fuse perfettamente insieme, sofferto intimismo delle liriche, grande senso scenografico che però non va mai sopra le righe.
Con, in più, uno sforzo produttivo (lo notavamo già nell'album) che da un lato ripulisce il suono e dall'altro rende particolarmente efficace e spettacolare la dialettica tra toni soffusi ed esplosioni di energia. Il pezzo che dà il titolo alla raccolta, twotwentytwo, ricalca invece talmente in profondità la soffice densità di Phoebe Bridgers da sembrare davvero una outtake estrapolata da un suo disco.
Da ascoltare insieme a In Theory Depression, come se ne fosse un ideale e riuscitissimo lato C.
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