13 maggio 2025

Say Sue Me - Time Is Not Yours EP REVIEW


Se è vero - come recita il titolo del singolo che dà il nome a tutto l'EP - che "il tempo non è nostro", allora capiamo perchè i Say Sue Me facciano passare anni tra un disco e l'altro: è evidente che le nuove canzoni hanno bisogno, per l'appunto, di un tempo che è loro e non interamente della band. E se parliamo della band di Sumi Choi, che da sempre mescola in modo programmatico perfezionismo ed essenzialità, capiremo meglio che i Say Sue Me non sono di quelli che battono il ferro finché è caldo, molto semplicemente perchè il loro ferro musicale è sempre incandescente. 

Con una carriera alle spalle che li ha collocati giustamente nell'olimpo dell'indie pop, i quattro coreani hanno aspettato tre anni a dare seguito a quel piccolo capolavoro che era The Last Thing Left, regalandoci ora un EP di cinque pezzi che farà da testa d'ariete per un tour che li porterà a breve in Europa e che testimonia in modo sempre più evidente come la band di Busan possieda il genere che suona con una disarmante capacità di modularlo e declinarlo in modo sempre nuovo ed efficace.

Prendiamo le canzoni dell'EP in ordine per farci un'idea chiara di tutti i punti cardinali dei Say Sue Me: il guitar pop sbarazzino e di floreale leggerezza di Time Is Not Yours; l'indie decisamente più obliquo e "americano" di Vacation (ibridato sempre con quel tocco sorridente che la band dissemina ovunque); il power pop denso di elettricità sognante di In This Mess, quasi sette minuti di cavalcata alla Ride che - parere mio - sono il vero landmark del disco; l'arrembante incrocio mesmerico fra psichedelia e shoegaze dello strumentale Mexico; il pop puro e semplice della delicatissima Bone Pink, con il suo timido ed emozionante crescendo jangly

Nei pezzi dei Say Sue Me si ha sempre l'impressione che non ci sia una virgola fuori posto e al contempo che tutto abbia una totale spontaneità: è sicuramente uno dei tratti principali della personalità del gruppo coreano. L'altro, quello predominante, è la fragorosa (e direi quasi gioiosa) bellezza delle chitarre: Sumi e Buyngkyu sono musicisti straordinari e riescono sempre a dare una tridimensionalità pazzesca ai loro strumenti. 

L'unico difetto allora sta nel fatto che, dopo cinque episodi, ne vorremmo subito altri cinque e l'idea che dobbiamo aspettare altri anni per il seguito è un po' inquietante.  

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