29 novembre 2025

SINGOLI NOVEMBRE 2025


22 novembre 2025

CIEL - Call Me Silent ALBUM REVIEW

Riguardando indietro nella carriera dei CIEL, una band che seguiamo veramente da tanti anni, sembra impossibile che Call Me Silent sia il loro disco di debutto, ma in verità è proprio così. 

Michelle Hindriks e Tim Spencer da sempre hanno abbracciato l'idea di un post punk a cassa dritta, un po' dark wave e un po' ballabile, che sta a metà strada fra i Garbage, i Blonde Redhead, le Breeders e persino i Cardigans del loro periodo hype: muri di synth e chitarre, energia statica sempre al massimo ma imbrigliata da un basso pulsante e dalla batteria squadrata, la voce delicata ma graffiante di Michelle, una produzione che cura il suono in modo certosino e soprattutto un tiro che è potentissimo e trascinante quasi ovunque. 

La torrenziale infilata iniziale Call me Silent, Won't Obey, Thinking Of You, Hear Me Out, Will I Ever Feel Again mette subito in chiaro l'ambizione della band di Brighton di muoversi in un territorio che sta fra goth, shoegaze e pop, senza fare concessioni ad una superficiale immediatezza ma al contempo centrando uno dopo l'altro dei chorus di grande catchyness. 

Hold Onto You, che è l'unico momento di rallentamento introspettivo, notturno e sinuoso con il suo contorno di archi e la sua ritmica quasi trip hop, è un tocco di grandissima scrittura. 

18 novembre 2025

Sweet Nobody - Driving Off To Nowhere ALBUM REVIEW

Sono passati quasi dieci anni da quando Joy Deyo e Brian Dishon hanno iniziato a fare musica insieme in quel di Long Beach, California. Da allora la band, che è cresciuta quasi da subito a quartetto, ha fatto uscire un paio di album (del secondo ne abbiamo parlato volentieri nel 2021) e persino un ep di cover di Joanna Newsom, il che dice qualcosa sull'ambizione dei californiani e sulla direzione che sta imboccando.

Driving Off To Nowhere ci fa ritrovare i Sweet Nobody in una versione pienamente matura del gruppo, che ha iniziato dalle parti di un jangly pop con qualche tentazione psichedelica ed ora si muove in un campo in cui la dimensione cantautorale catchy sembra avere preso il dominio. 

I pezzi dell'album condividono una confezione ricca ed equilibrata, chitarre sempre molto rotonde e soprattutto una forte personalità melodica incarnata perfettamente dalla voce elegante e versatile di Joy (nel pezzo che dà il titolo all'album è, diciamolo chiaro, meravigliosa). 

Di base potremmo parlare di dream pop patinato. Il che ci toglie dall'imbarazzo di dover trovare somiglianze con i Bleach Lab o i Wolf Alice di turno e descrive bene le intenzioni di una band che da sempre ha il pallino di trovare una via intelligente e "indie" per il suo gusto bubblegum pop molto '80s oriented (un pezzo sornione come Home Sweet Hell lo testimonia in modo chiarissimo) e non lontano dalle cose di una Laura Stevenson.

Tutto molto poppy e sempre super piacevole. Ma - come già dicevamo quattro anni fa - i Sweet Nobody il meglio in realtà lo danno quando ritornano a spingere sui pedali delle chitarre e alzano i ritmi (Could You Be The One). 

12 novembre 2025

Silk Cuts - Tell Me It's Not True ALBUM REVIEW


Non ho idea se ci sia in corso una vera onda di revival di indie pop originario nella scena europea e americana (ne sono certo invece per l'estremo oriente), però è un fatto che c'è in giro un fiorire di band che emergono magari da piccole scene locali e vanno in gire a spargere i semi di un genere che in verità non è mai tramontato.
E' senz'altro il caso dei Silk Cuts, che sono basati nella piccola ma vivacissima Exeter ed esordiscono oggi con un album che è davvero un piccolo grande prodigio!

Il retroterra del trio inglese è senz'altro lo stesso di band contemporanee che da queste parti amiamo come Jeanines, Jetstream Pony o Chime School, ovvero la galassia di band che tra fine Ottanta e primi Novanta si muoveva fra Creation, Postcard, Sarah e K Records e ha scritto la storia dell'indie pop firmandola con il suono artigianale delle proprie chitarre scampanellanti.

A ben vedere però i Silk Cuts non sembrano affatto un gruppo derivativo o nostalgico, anzi. I dodici episodi di Tell Me It's Not True mostrano che i tre di Exeter, che evidentemente non sono proprio di primo pelo, possiedono capacità di scrittura, sensibilità e talento da vendere, variando atmosfere e ritmo con grande naturalezza e infilando pezzi di straordinaria piacevolezza uno dopo l'altro senza soluzione di continuità. 

Il risultato - a sorpresa, ma è veramente una bella sorpresa - non può che essere uno dei dischi indie pop più belli, frizzanti e coinvolgenti dell'anno (e non solo di quest'anno). Da Secrets in giù in ogni pezzo è senz'altro facile sentire ricordi di Pastels, Shop Assistants, Comet Gain, Field Mice, Talulah Gosh, Teenage Fanclub, i primi Belle & Sebastian, i Proctors (e la lista potrebbe allungarsi quasi all'infinito), ma non è questo il punto con i Silk Cuts. 

Il punto è che i nostri - restando in un territorio assolutamente artigianale dove non è previsto alcun abbellimento produttivo - sono capaci di creare canzoni che si imprimono subito in testa ed hanno una fluidità narrativa che, in questo caso, non ha facili paragoni. 

Pezzi come l'adorabile Virginia, Southend, Said Too Much o Foxes (che è il capolavoro dell'album a mio parere) costruiscono melodicamente su una trama che è sempre e programmaticamente jangly e, di volta in volta, spinge di più sul pedale dell'essenzialità oppure sull'armonia delle voci maschile/femminile, o ancora su alcuni splendidi e sognanti inserti di archi. Episodio dopo episodio, da un lato è come scartare ogni volta una caramella dal gusto diverso e sorprendente (l'arrangiamento floreale ed elegantissimo di Sisters è un ottimo esempio), e dall'altro è come fare un salto all'indietro in un'epoca della musica britannica - tra l'era twee pop e l'avvento del brit pop - in cui nei locali di periferia era pieno di band che facevano canzoni intelligenti armate solo di chitarra basso e batteria. Tanto che, davanti alla delicatezza infinita (e parecchio commovente) di The Deseted Village, sembra davvero di rivivere lo spirito degli Another Sunny Day, dei Blueboy, degli Aberdeen. 

Insomma, nello spazio ampio dei dodici pezzi del loro primo album i Silk Cuts dipingono un mondo meravigliosamente retrò e insieme freschissimo, sorridente e coinvolgente, in grado di spargere intorno entusiasmo a piene mani un po' come facevano gli Allo Darlin (impossibile stare fermi con il jangly travolgente della conclusiva Superia). 

Ecco, se mi chiedete una band di cui innamorarsi al primo ascolto e di cui diventare immediatamente fans, i Silk Cuts sono l'esempio perfetto. Tell Me It's Not True è una scatola magica che non vorresti mai chiudere e in cui trovi sempre qualcosa di bello e di nuovo.

08 novembre 2025

Swim School - Swim School ALBUM REVIEW

Se non fosse chiaro che questo è il loro album di debutto, i Swim School l'hanno inciso a caratteri cubitali sulla bella e colorata copertina, anche forse a sottolineare che, in realtà, non sono certo dei novellini e hanno già pubblicato un paio di ambiziosi ep dal 2021 in qui.  

Se esiste un certo zeitgeist dell'indie pop di questi ultimi anni, probabilmente è quello perfettamente centrato dal quartetto di Edimburgo (ma anche dai Bleach Lab, dai Wolf Alice e da innumerevoli altre band): poderoso dinamismo, chitarre vigorose ma sapientemente domate, sensualità vagamente notturna che si raccoglie in paesaggi sonori cesellati da una produzione attenta ai dettagli e in una voce femminile carismatica, programmatica carica emozionale in ogni centimetro di canzone. 

Non c'è dubbio che Alice Johnson e compagni abbiano fatto passi da gigante dal loro vero esordio, e che siano piuttosto consapevoli della propria bravura.

 Swim School è in effetti un album pensato, suonato e cesellato da una band che vuole a tutti i costi far emergere la propria personalità (anche nell'immagine decisamente patinata ma assolutamente efficace) e farsi spazio fra tante proposte simili (ma non altrettanto valide).

I nove pezzi dell'album, dalla studiata aggressività di Heaven alla coda scintillante di Am I Good Enough Now, sono una sequenza a proprio modo torrenziale di potenziali hit alternative: hanno tutti un grandissimo tiro, aggrappato con le unghie e con i denti alla forza di chitarre urlanti e sfrigolanti, ma al contempo possiedono una obliqua immediatezza che li carica di un fascino sensuale, avvolgente e in definitiva sempre piacevole e catchy. On & On fra tutti gli episodi è il più memorabile ed è la perfetta cartina di tornasole dello stile dei Swim School: super melodico, elettrico, trascinante. 

04 novembre 2025

Softsurf - Gazing at a Mind ALBUM REVIEW


Spesso e volentieri abbiamo sbirciato nella frizzante e poderosa scena dream pop giapponese ed abbiamo trovato artisti di grande talento e dalla peculiare immediatezza melodica, che è un po' un tratto distintivo del gusto nipponico.

Di questa scena fanno parte, da almeno dieci anni, i softsurf: quintetto guidato dai due chitarristi e cantanti Satomi Kitagawa e Nobuaki Kitamura. Da buoni dreampoppers innamorati tanto dello shoegaze quanto della delicatezza melodica, la band di Nagoya fa girare tutto attorno a muri di chitarre sfrigolanti e alla bella voce gentile di Satomi. 

I nove ampi pezzi dell'album - che è un debutto piuttosto ritardato per un gruppo attivo da tanto - si dividono tra momenti più liquidi, elettrici e distorti ed altri (sono la maggioranza) dove prevale un'apertura ariosa e paesaggisticamente suggestiva, a tratti (Neonarium) pienamente pop nell'approccio, quasi ovunque memore della lezione dei My Bloody Valentine, che vengono però rivissuti in una chiave catchy che punta ad una sicura piacevolezza sonora (l'iniziale Momentrail è un ottimo esempio in questo senso e può assomigliare allo stile dei Night Flowers o dei Churchhill Garden).

Non diversamente dai più noti connazionali Stomp Talk Modstone, ma con un'attitudine più facile e meno sperimentale, i softsurf cercano una via personale allo shoegaze, variando intelligentemente mood da un pezzo all'altro (e in sostanza allontanandosene). 

Ecco allora che Coming Color sembra più un pezzo, colorato e sorridente, dei Say Sue Me che un assalto sonico; la magnifica, dinamica, spettacolare e baluginante Nightfeel con il suo sapiente crescendo emozionale potrebbe venire dalla discografia dei Bleach Lab; le sfumature quasi estenuate di Hazy Dusk rimandano alla morbidezza elettrica degli Slowdive; la nuda ballata per pianoforte, voce e distorsione In The White Sands vira verso un romanticismo intimista e cinematografico. 

Nel finale il romanticismo sognante di Cosmic Eyes, con il suo abile gioco di soffici rallentamenti ed esplosioni elettriche, e il power pop dai forti connotati spettacolari (e una traccia di Oasis) di Voyager riassumono in modo perfetta l'anima stilistica della band, programmaticamente sospesa fra potenza e melodia.