07 settembre 2022

Forever Honey - Could I Come Here Alone EP REVIEW

Provenienti da quella gigantesca fucina indie che è Brooklyn, i Forever Honey si sono fatti conoscere un paio d'anni fa con un EP dal curioso titolo Pre-Mortem High, che nei suoi quattro pezzi tracciava una via personale al dream pop partendo più o meno dal suono liquido delle Lush e finendo in territori di confortevole morbidezza cantautorale, con un delicato retrogusto folk.

Ricordo all'epoca di non esserne stato particolarmente impressionato, ma forse semplicemente non ero nel mood giusto, perché in realtà - risentito oggi - si trattava di un EP di sicuro fascino con una personalità già molto definita.

Non nutro invece alcun dubbio invece sull'EP appena uscito, Could I Come Here Alone, che mi ha ipnoticamente rapito fin dall'iniziale Singing To Let The Englad Shakes.

Liv Price e i suoi tre compagni hanno un approccio ad ogni pezzo che passa tutto dalle sfumature, dalle atmosfere, in definitiva dall'effetto che la stanza emotiva in cui ci accolgono ha su di noi. Non diversamente dai Cigarettes After Sex, ma in modo meno estenuato e sensuale, i Forever Honey costruiscono a partire da ritmi slow e midtempo e da un intreccio di chitarre, basso e synth che crea sempre una sensazione di abbraccio sognante, senza ricercare il ritornello catchy (che è spinto direi solo nella super scenografica I've Been Down) ma una circolare piacevolezza d'insieme che è senz'altro più di un puro esercizio di estetica. 

L'impasto di miele delle voci di Liv e della chitarrista Aida Mekonnen è sicuramente l'altro determinante plus del gruppo newyorkese: un concentrato di eleganza notturna che difficilmente può lasciare indifferenti (vedi il finale di I'm A Winner I'm A Loser). 

Una piccola meraviglia da non perdere.

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