28 agosto 2021

SINGOLI DEL MESE DI AGOSTO 2021: Basement Revolver, Velvet Sunset, Kidsmoke, Letters To Annika, Swirlpool, Career Woman, Girlhouse

Nella selezione di questo mese il dream pop esplosivo dei canadesi Basement Revolver e quello sinuoso e disturbante dei francesi Velvet Sunset, la consueta raffinatezza guitar pop dei Kidsmoke, il post punk affilato del giapponese Letters To Annika, lo shoegaze di morbida eleganza dei tedeschi Swirlpool, le ultimissime canzoni delle nostre favorite Career Woman e Girlhouse







20 agosto 2021

Wednesday - Twin Plagues ALBUM REVIEW

Scegliere il pezzo che apre un album non è certo facile, tuttavia la maggioranza di band/artisti punta giustamente sull'episodio più immediato e magari rappresentativo del lotto. Ci sta, anche perché noi che di dischi ne sentiamo tanti ogni settimana dalla traccia 1 ci facciamo l'idea che ci porta a passare dal sentire all'ascoltare, oppure a passare ad altro. 

Twin Plagues, il pezzo che apre il secondo disco dei Wednesday, è da una parte un pugno allo stomaco, e dall'altra una bella sfida: struttura sghemba alla Pixies, chitarre a dir poco disturbanti, liriche di straniante disperazione e la voce inquietante di Karly Hartzman non hanno nulla di facile o catchy. Eppure, tra i fischi delle distorsioni, appare subito forte nella musica del quintetto della North Carolina un'anima di sofferente dolcezza e di catartica freschezza che - superato l'inizio - è poi il vero marchio dell'album. 

Handsome Man, traccia 2 e singolo, già ci riporta in effetti in una dimensione di confortevole elettricità che ci ricorda da vicino il garage pop di gruppi come i Remeber Sports. Tutto quello che segue - compresi i dovuti rallentamenti persino acustici, addirittura folk (How Can You Live If You Can't Love...) - parla il linguaggio di un indie cantautorale (la band si muove infatti intorno alla forte personalità della Hartzman) che alterna sapientemente intimismo obliquo e muri di chitarre quasi shoegazer (One More Last One), in modo non così differente dai Pavement di Crooked Rain Crooked Rain. Ma in fondo non siamo lontani nemmeno dal songwriting screziato di slacker rock di Snail Mail o Waxahatchee. Con in più l'eclettismo di fondo dei Big Thief. 

Un album non facile ma al contempo di grande e immediato impatto. Manna per i nostalgici dell'indie dei Nineties. Ma non solo. 

16 agosto 2021

fine. - How I Feel Now EP REVIEW

Non abbiamo fatto in tempo a parlare bene di I'm Glad It's Over Now, l'album di debutto dei fine., che nel giro di qualche mese Alice Kat e Liam James Marsh hanno già pronto un nuovo EP, nonostante questo sia un progetto laterale rispetto alle loro carriere. 

Le tre canzoni di How I Feel Now riprendono il discorso dove l'avevamo lasciato e incarnano, nel loro piccolo, l'anima stilistica del duo bostoniano. Come già sottolineavamo per il disco uscito in aprile, sembra davvero di avere davanti il primo Sufjan Stevens, quello capace di mettere il folk nell'indie pop (o viceversa), però suonato, registrato e prodotto in cameretta. Fattore che, per i fine., non ha nulla a che fare con il lo-fi, anzi: la cura formale che Alice e Liam dedicano ad ogni loro pezzo è forte ed evidente, dalle chitarre scampanellanti alle armonie vocali. 

Nello specifico qui abbiamo un episodio di contagiosa freschezza uptempo - il pezzo che dà il titolo all'EP - seguito da due canzoni che dalle atmosfere più morbide e soffuse. 

12 agosto 2021

The Umbrellas - The Umbrellas ALBUM REVIEW

Laggiù a San Francisco, mentre il guru del jangle pop Glenn Donaldson fa tintinnare le sue chitarre con una nuova uscita al mese (non le segnaliamo più, sapete dove trovarle),  c'è tutto un movimento di nuove band (i Torrey per esempio, ne abbiamo appena parlato)  che portano avanti il genere con spirito di entusiasta modernariato.

The Umbrellas - già il nome profuma di Sixties - sono una di queste band, e quello appena pubblicato è il loro album di debutto. Sapete già cosa troverete nelle dodici canzoni del disco: sole, brezza rinfrescante, trine di chitarre scampanellanti, melodie di estiva dolcezza. In più, a fare da padrone c'è un diffuso spirito naïf incarnato sia nell'artigianalità della produzione che nell'alternarsi delle tre voci (a tratti sembra di ascoltare gli Heavenly, ed è subito effetto nostalgia). 

Tanto che, in definitiva, a sentire bene canzoni di adorabile, dinoccolata e un po' intellettuale delicatezza twee come She Buys Herself Flowers, viene quasi più facile avvicinare il quartetto californiano a certe atmosfere dell'indie scozzese di trent'anni fa (Pastels, Pearmint...) che ai canoni della West Coast. E senz'altro Matt Ferrara e compagni la storia dell'indie pop l'hanno studiata bene, e si sente in pezzi di straordinario gusto e luminosa immediatezza come Never Available e City Song

08 agosto 2021

Laura Stevenson - Laura Stevenson ALBUM REVIEW

L'album omonimo di Laura Stevenson (il sesto della sua carriera) la ritrae in copertina seduta sul divano di casa, con la figlia di un anno in braccio ed intorno le "piccole cose" che fanno la sua quotidianità: il cane, il pianoforte, la collezione di dischi, la copertina di Nilsson Schmilsson alla parete... 

Chiaro che è una scelta programmatica, per un disco che - dopo tanti anni - riparte con il suo nome, il che senza dover lambiccare troppo significa rinascita. Rinascita dopo le vicissitudini di una vita non tanto facile (le tracce di disagio sono disseminate in tutti i suoi album precedenti) ma anche e soprattutto dopo una quarantena vissuta dapprima in gravidanza e poi con una creatura appena venuta al mondo da proteggere.

L'urlo catartico di State, il pezzo che apre il disco, sembra dire davvero questo, ed è l'unico momento davvero elettrico dell'album. Poi, però, negli episodi successivi ritroviamo subito quella dimensione di morbido intimismo che già avevamo amato in The Big Freeze e che, nella forma e nella sostanza, potremmo definire "classico". Del pop rock frizzante, un po' sfrontato e addirittura ballabile degli esordi rimane l'impronta melodica di fondo (Sandstorm è l'unico numero saltellante del lotto): qui domina un AOR intessuto di folk, prettamente atemporale, levigatissimo nella confezione e - non c'è bisogno di dirlo - scritto con la mano e la sensibilità di una delle grandi singer sonwriter dei nostri tempi. E, ovviamente, cantato con quella inconfondibile voce dal vibrato di seta che non si può non riconoscere subito. 

Tra tanti dischi di cantautrici di oggi che suonano più o meno nel solco della tradizione - da Lucy Dacus a Julien Baker - Laura Stevenson potrebbe senz'altro sembrare stilisticamente il più "reazionario" di tutti, tuttavia c'è un cuore caldo e sanguinante di onestà, sentimenti, vita qui dentro che non può essere messo in discussione e batte in ogni singola nota. E Moving Cars è una delle cose più belle che Laura abbia mai scritto e cantato. 

04 agosto 2021

Lakes - Start Again ALBUM REVIEW

Non è inusuale di questi tempi trovare nei dischi che ascoltiamo dei chiari riferimenti alla pandemia, al lockdown, etc.. E' il caso anche di questo Start Again degli inglesi Lakes, che già dal titolo fanno capire che si sono ispirati ai fantasmi dell'epoca che abbiamo vissuto e che credono in una catartica rinascita. 

I Lakes, attivi già da alcuni anni nella scena indie britannica e non solo, si muovono tra math rock, pop punk, emo e guitar pop, un po' come quei Great Grandpa che da queste parti adoriamo. Il sestetto di Watford ha dalla sua da una parte una evidente e notevole perizia strumentale, e dall'altra una scrittura ambiziosa, intelligente e raffinata al tempo stesso, che punta a infilare una diretta immediatezza melodica dentro a strutture non sempre lineari, dove sentiamo tre chitarre, synth e glockenspiel, una ritmica che esce volentieri dai quattro quarti e soprattutto un alternarsi e mescolarsi di voci maschile e femminile (quelle di Roberto Cappellina e Blue Jenkins) variata ed efficace. 

I dodici pezzi dell'album amano in modo esplicito i crescendo e i passaggi emotivi e si esprimono con esuberante forza comunicativa sia nei momenti più coinvolgenti e articolati (No Excuses mi sembra un ottimo passaporto per lo stile della band ed una perfetta cartina di tornasole delle sue capacità) che in quelli intrisi di intimismo e di sfumature emo (Retrograde, affidata alla voce di Blue Jenkins, è secondo me la cose più riuscita del disco).