20 agosto 2021

Wednesday - Twin Plagues ALBUM REVIEW

Scegliere il pezzo che apre un album non è certo facile, tuttavia la maggioranza di band/artisti punta giustamente sull'episodio più immediato e magari rappresentativo del lotto. Ci sta, anche perché noi che di dischi ne sentiamo tanti ogni settimana dalla traccia 1 ci facciamo l'idea che ci porta a passare dal sentire all'ascoltare, oppure a passare ad altro. 

Twin Plagues, il pezzo che apre il secondo disco dei Wednesday, è da una parte un pugno allo stomaco, e dall'altra una bella sfida: struttura sghemba alla Pixies, chitarre a dir poco disturbanti, liriche di straniante disperazione e la voce inquietante di Karly Hartzman non hanno nulla di facile o catchy. Eppure, tra i fischi delle distorsioni, appare subito forte nella musica del quintetto della North Carolina un'anima di sofferente dolcezza e di catartica freschezza che - superato l'inizio - è poi il vero marchio dell'album. 

Handsome Man, traccia 2 e singolo, già ci riporta in effetti in una dimensione di confortevole elettricità che ci ricorda da vicino il garage pop di gruppi come i Remeber Sports. Tutto quello che segue - compresi i dovuti rallentamenti persino acustici, addirittura folk (How Can You Live If You Can't Love...) - parla il linguaggio di un indie cantautorale (la band si muove infatti intorno alla forte personalità della Hartzman) che alterna sapientemente intimismo obliquo e muri di chitarre quasi shoegazer (One More Last One), in modo non così differente dai Pavement di Crooked Rain Crooked Rain. Ma in fondo non siamo lontani nemmeno dal songwriting screziato di slacker rock di Snail Mail o Waxahatchee. Con in più l'eclettismo di fondo dei Big Thief. 

Un album non facile ma al contempo di grande e immediato impatto. Manna per i nostalgici dell'indie dei Nineties. Ma non solo. 

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