26 agosto 2024

Hazel English - Real Life ALBUM REVIEW

Come già era accaduto con Just Give In / Never Going Home, Hazel English ha fatto ancora una volta la scelta, originale e intelligente, di mettere insieme in un album unico due ep usciti separatamente. In questo caso dentro Real Life troviamo i cinque pezzi di Summer Nights, di cui abbiamo già parlato qui, a cui si aggiungono ordinatamente altre sei canzoni che andrebbero a comporre un ep a sé che però ha trovato la sua pubblicazione solo in coda all'album.

Al di là di queste faccende di mera compilazione discografica, Real Life è un disco chiaramente pensato per fotografare, con una unica ampia posa, la musica dell'artista australiana/californiana degli ultimi due-tre anni, il che ha perfettamente senso ed è un'operazione indispensabile per noi fan. 

A proposito degli episodi già usciti nel '22, dicevamo già - con dichiarata gioia - come Hazel avesse pienamente ripreso tra le mani lo stile dream pop così personale che fece innamorare tutti fin dai suoi esordi, merito anche di una perfetta fusione con l'intelligenza produttiva di Jackson Phillips (a.k.a. Day Wave), che del suono inimitabile e riconoscibile di Hazel è il vero artefice.

Gli altri sei episodi li abbiamo raccolti in buona parte come singoli nei mesi scorsi e riprendono alla perfezione - forse con ancor maggiore forza comunicativa e immediatezza catchy - quel formidabile misto di intima narratività (quasi sempre concentrata su fallimenti di relazioni sentimentali: è una costante tematica consueta per Hazel) e di cristallina, eterea, splendidamente diafana catarsi emotiva, che si innesta sempre e comunque sui carillon delle chitarre e dei synth, su un'ariosità melodica di intangibile bellezza, sulla voce timida e ipnotica di Hazel, sul sottile e fragile abbraccio corale che la circonda.

Difficile citare qualche canzone che spicchi sulle altre, perché in verità, da Heartbreaker in giù, è tutto davvero intriso di quella magia che solo English e Phillips riescono a produrre quando si mettono insieme a suonare: un morbido e scintillante mondo di chitarre jangly intrecciate e linee melodiche soffici che trasformano l'amarezza in miele stillante. E' esattamente la dimesione onirica in cui Hazel vuole che ci muoviamo fluttuando insieme a lei, e non è un caso che la conclusiva, quasi neworderiana Hamilton, racconti esattamente questo: un sogno in cui tutti possiamo danzare insieme in un parco di LA al tramonto, ma da cui ci dobbiamo comunque risvegliare per rientrare nella "vita vera" (la Real Life del titolo). 

Abbiamo spesso soprannominato Hazel la "regina del dream pop". E' un nomignolo giocoso, certo, però a ben vedere credo che sia davvero difficile trovare un'altra artista che riesca ad incarnare l'essenza di un genere da un lato con una simile adesione poetica e dall'altro con questa capacità eccezionale e innata di (ri)creare lei stessa dei canoni formali, che tanti negli ultimi tempi hanno più o meno imitato. 

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