Non diversamente dai nomi sopra citati, il gruppo di Wrexham, che si autodefinisce collettivo emo/indie ed è sulla scena da quasi dieci anni (numerosi singoli ed ep in catalogo), possiede quella leggerezza ironica ed entusiastica che gli permette di essere muscolare e programmaticamente catchy in ogni cosa che suona.
I pezzi di questo disco d'esordio - bellissima copertina, tra parentesi - si succedono senza soluzione di continuità con una coinvolgente, corale e sorridente potenza comunicativa: Swim Sam Sum, We Need To Talk About Peter, Patsy Decline... da un lato scorrono via e trascinano con sfrontata freschezza, e dall'altro si fanno apprezzare per una cura nella scrittura che è evidente nell'uso di tanti strumenti (piano, fiati, una pedal steel country nella ballata I'm Not Scared), nell'alternarsi e sovrapporsi corale delle voci, nell'intreccio davvero sapiente delle chitarre, nell'intelligente narratività delle liriche, nello svolgimento stesso delle canzoni, piene di rallentamenti e crescendo (prendete come esempio i quasi 8 minuti di sapore math rock di Living o la poderosa larghezza antemica di Breathe Out Slowly).
Scrivono i Campfire Social di credere fortemente che la musica sia la migliore terapia e che farla insieme lo sia in modo infallibile. È un bel messaggio e insieme un'ottimo manifesto ideale del loro stile: energico ed energetico, scenografico, esplosivo e motivazionale ("can you say you lived a life worth living" cantano accorati Thomas e Carrie Hyndman in Wendy).
In definitiva They Sound The Same Underwater è il giusto coronamento di una carriera già piuttosto lunga per una band che merita davvero di avere molta più attenzione di quanta ne abbia avuta finora.
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