Laura Colwell ha quella voce lì, una voce che ti abbraccia e ti solleva da terra, dolce e penetrante, potentissima nella sua delicatezza, polite e senza tempo, ed è come sempre l'anima pulsante dei Sun June ed il tratto che li rende del tutto inimitabili.
E nei dodici episodi di Bad Dream Jaguar è come sempre Laura a prenderci per mano e ad accompagnarci in un viaggio narrativo che attraversa tanto i paesaggi vasti del loro Texas (visti spesso e volentieri dal finestrino di una macchina, con l'autoradio accesa), quanto i paesaggi delle paure, delle memorie, dei sogni di ogni giorno. Il racconto si deposita sulla coperta calda di una musica che suona ovunque dilatata e confortevole, trovando sempre una naturale armonia nell'impasto delle chitarre, del pianoforte, della morbidissima sezione ritmica, in una prospettiva di timida psichedelia.
Le canzoni di Bad Dream Jaguar sono - non è nemmeno il caso di discuterne - molto belle, curatissime, dense e leggiadre al tempo stesso. Ciò che manca forse, rispetto a quel monumento che era Somewhere, sono quei magici crescendo che rendevano l'album precedente un vero arcobaleno sonoro. Crescendo che ci sono anche qui, ben inteso, ma hanno spesso - per una scelta d'insieme, mi pare - una prudenza che li trattiene con i piedi piantati a terra.
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