26 ottobre 2023

ME REX - Giant Elk ALBUM REVIEW

Molti di noi da bambini sono stati maniaci degli animali preistorici: ne collezionavamo le action figures e ne imparavamo a memoria i nomi scientifici e le caratteristiche. Deve essere stato così anche per Myles McCabe, che con i suoi ME REX ha già pubblicato numerosi ep e singoli tutti improntati ad una sistematica nomenclatura paleontologica. 

Dopo il Pterodattilo alato e il Plesiosauro marino, è la volta per il musicista londinese di tornare con le zampe a terra e di pubblicare il primo vero album del suo gruppo, dedicato all'Alce Gigante che campeggia nella bella copertina. 

McCabe, probabilmente lo sapete già, è anche chitarrista dei Fresh, mentre gli altri due ME REX, Rich Mandell e Phoebe Cross (Kathryn Woods, già parte integrante e preziosa della band, compare solo in due episodi, peccato!), sono membri degli Happy Accidents: due gruppi che sono parte attivissima di quel frizzante movimento di punk gentili che animano la scena inglese da qualche anno. 

Rispetto alle band citate (aggiungiamo pure i Martha), il progetto ME REX è forse quello più complesso e ambizioso. Myles ha riservato al suo progetto personale tutto lo sperimentalismo di scrittura di cui è capacissimo: strutture non sempre usuali (prendete l'incipit bipartito Slow Worm / Infinity Worm con le due versioni del leit motiv prima acustica-lo fi e poi indie rock antemica), liriche torrenziali, pianoforte spesso al centro con chitarre ruvide che gli fioriscono attorno, calma e tempesta che si alternano dentro ogni canzone, riff a tratti virtuosistici, ironia a mazzi, ritmi uptempo, crescendo energetici come piovesse e ritornelli di sfrontata immediatezza distribuiti in ogni singolo pezzo. 

I riferimenti sono quelli che abbiamo già dichiarato in passato: i Neutral Milk Hotel, i Death Cab For Cutie e in generale l'indie garage americano dei Novanta. 

Se c'è una cosa che McCabe sa fare è davvero scrivere canzoni intelligenti e terribilmente coinvolgenti, e in Giant Elk ce ne sono undici, una infilata dietro l'altra, senza possibilità di riposarsi dalla corsa a perdifiato dei suoi ME REX, come un unico impetuoso flusso di coscienza che si nutre di parole ed elettricità. 

Ecco allora, dopo l'inizio che abbiamo detto, la delicata potenza di Eutherians, l'entusiasmante travolgente dialogo fra synth, chitarra e voce di Giant Giant Giant (forse l'episodio più riuscito del lotto), la liquida morbidezza bagnata di suoni elettronici di Halley, la ritmica franta di Oliver (e qui l'ombra di Ben Gibbard è davvero stampata sullo sfondo) e una meraviglia come Spiders, che dal suo carillon anni '80 esplode nei fuochi d'artificio corali a cui Myles ci ha abituato da sempre, con un mono-ritornello super scenografico. Si prosegue con il math rock logorroico di Jawbone, il power pop alla New Pornographers di Pythons ed infine il gran finale di Summer Brevis, che è un distillato dello stile ME REX in cinque minuti costruiti a strati attraverso un fragoroso climax liberatorio. 

Può darsi che la passione di McCabe per i giganti preistorici si rifletta proprio nella magniloquenza delle sue composizioni, che sono sempre a loro modo piuttosto ingombranti (tante parole, tanti strumenti, tante soluzioni diverse dentro ogni pezzo), ma non c'è un'oncia di prosopopea nelle canzoni dei ME REX. Anzi, si legge in trasparenza nell'elettrico entusiasmo di ogni episodio un amore da nerd per ciò che i tre di Londra hanno costruito: un amore che ha qualcosa di tenero e (post) adolescenziale e che brucia in ogni singola nota.

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