28 febbraio 2019

Misty Coast - Melodaze ALBUM

Ci sono centinaia di band, in giro per il mondo, per cui lo shoegazing è ancora un modello musicale fondamentale, da replicare pari pari o da cui prendere ispirazione per poi seguire altre strade. Difficilmente ci si può aspettare molto da degli imitatori dei My Bloody Valentine. Molto invece può venire da artisti che prendono quel particolare tipo di psichedelia dolce e disturbante al tempo stesso, e la usano come elemento da ricostruire in base alla propria personalità. E' senz'altro quest'ultimo il caso dei Misty Coast, un duo di Bergen, Norvegia, che già da qualche anno fa un dream pop dai tratti assolutamente particolari.
Linn Frokedal e Richard Myklebust, veterani della scena indie cittadina, hanno unito le forze per creare una proposta musicale che, a suo modo, riproduce l'atmosfera del nome che si sono scelti (e che per la piovosa Bergen è una pura definizione geografica): un mix di brume invernali e di sognante bellezza, di inquietudine notturna e squarci improvvisi di luce.
Lo shoegaze è solo un lontano punto di partenza, evidente non a caso nel pezzo iniziale, ma i dieci pezzi di Melodaze vanno bel oltre, incrociando chitarre qui sfrigolanti, là scampanellanti di echi, melodie che sbocciano lente ma profumatissime, ritmi ora irrequieti ora distesi, e su tutto la voce elegante e delicata di Linn. 
Un album non facile, questo secondo dei Misty Coast, che sembra costruito apposta per riprodurre una sorta di risveglio da un lungo gelo boreale, con un'idea di psichedelia che rimanda per forza all'elettrica essenzialità di Jesus & Mary Chain. Un album in definitiva affascinante e ipnotico, a tratti davvero splendido, che ha nel terzetto centrale White Lies, Litle Sister, No Revelation un cuore che pulsa con inarrestabile vigore. 

24 febbraio 2019

Rose Ette - Ignore The Feeling ALBUM

Sarà senz'altro un pregiudizio, ma Houston, Texas non mi dà precisamente l'idea di una città indie-pop oriented. Eppure è proprio dalla metropoli texana che vengono le Rose Ette di Teresa Vicinanza.
Ignore The Feeling, che è il debutto di lunga durata del quartetto a trazione femminile, è uscito alla fine dell'anno scorso e, per quanto mi riguarda, sarebbe passato del tutto inosservato se non l'avessi scoperto per caso, rimanendo piacevolmente invischiato nel soffice zucchero filato guitar pop dei suoi nove pezzi.
Non c'è dubbio che Teresa e gli altri abbiano alle spalle degli ottimi ascolti indie pop europei e americani, dagli Heavenly ai Tiger Trap (dove suonava un'altra Rose, Melberg), dai primi Cardigans ai Camera Obscura, filtrati da un'ottica garage pop che bada al sodo e rifugge ogni complicazione. 
Tutto è illuminato da una luce brillante e delicata nelle canzoni dei Rose Ette: la voce, le chitarre, le melodie, i ritmi appena uptempo, convergono verso un'unica idea di gentilezza che potremmo tranquillamente chiamare "twee" e che ha un suo personale fascino atemporale.


20 febbraio 2019

The Crystal Furs - Pseudosweet ALBUM

Tornano dopo due anni i Crystal Furs di Kevin Buchanan. Ormai trasferiti a Portland, Oregon dal natio Texas, e con un significativo cambio alla voce (oggi affidata a Steph Buchanan), i tre musicisti rimettono in piedi il loro indie pop spigliato e artigianale. 
Le dieci canzoni di Pseudosweet (titolo interessante che in fondo ben definisce lo stile della band) puntano ancora in direzione di uno stile simile a quello dei maestri Heavenly, con un accostamento di melodie orecchiabili, chitarre jangly, un organo onnipresente e una programmatica obliquità lo-fi colorata di nostalgia e sempre apparentemente stonata. 
Rispetto all'esordio manca qualche pezzo davvero memorabile, ma ormai sono uno dei punti fermi della scena indie pop americana. 



16 febbraio 2019

Girlpool - What Chaos Is Imaginary ALBUM

Un paio d'anni fa Powerplant, secondo album del duo losangelino Girlpool, ha mietuto consensi unanimi dalla critica ma non ha lasciato traccia qui sul blog. Mea culpa: era un disco bello e non facile, e non gli avevo dedicato il tempo e gli ascolti che meritava. 
What Chaos Is Imaginary, il nuovo lavoro di Cleo Tucker e Harmony Tividad, del precedente condivide senz'altro la complessità e porta avanti lo stile introspettivo e morbidamente spigoloso (l'ossimoro è voluto e mi sembra definisca bene i Girlpool). La novità più evidente sta nelle voci, visto che Cleo, oggi transgender, ha mascolinizzato la sua, offrendo alla band una possibilità di differenziazione (abbiamo pezzi di Cleo e pezzi di Harmony ben distinti) e al contempo di efficace armonizzazione vocale. 
Dare etichette alla musica dei Girlpool sarebbe davvero sbagliato, visto che in un ampio ventaglio di episodi (14) i due danno sfogo alla loro ispirata voglia di variare toni e atmosfere: si alternano momenti più dilatati dove i riverberi delle chitarre sfrigolano a dovere e vibrano di emotività quasi shoegaze, pause di pura intimità acustica che a me ricordano Elliott Smith, e soprattutto - la cosa più riuscita - un pugno di pezzi guitar pop spigliati e brillantemente obliqui (Hire, Pretty, Swamp & Bay, Josephs Dad su tutti) un po' alla Bright Eyes, davvero memorabili. 



12 febbraio 2019

El Palacio De Linares - Largos Agotadores ALBUM

La Spagna, come ben sappiamo, ha da sempre un feeling speciale con il lato più twee dell'indie pop, ed ha almeno una mezza dozzina di etichette molto attive nel nostro genere preferito. Tra queste la piccola ma pregevole Pretty Olivia Records, che nel suo roster ha questo trio chiamato El Palacio De Linares. 
Il gruppo ha già diverse uscite all'attivo, e Largos Agotadores è il loro secondo album. 
Stando a quanto scrivono loro stessi, il modello sono band come Go-Betweens (Robert Forster è citato direttamente nell'episodio finale insieme a Vashti Bunyan!) e The Feelies, e in effetti le canzoni del gruppo spagnolo sembrano seguire proprio il canovaccio di un guitar pop gentile dalla meditata dimensione cantautorale: acustiche e jangly al tempo stesso, con delle armonie vocali di delicata bellezza, sempre di garbata e intelligente immediatezza. 
Come i nostri favoriti Neleonard, El Palacio De Linares mischia con equilibrio una luminosa nostalgia, una raffinatezza evidente nella scrittura e nelle scelte produttive e una spontanea facilità di ascolto. 

08 febbraio 2019

Business Of Dreams - Ripe For Anarchy ALBUM

Molto più che con le sue precedenti band, è con il suo progetto solista Business Of Dreams che Corey Cunningham ha trovato la sua visibilità nella scena indie. L'eponimo debutto di due anni fa ci aveva mostrato le doti di un songwriter brillante e raffinato, malato di nostalgia per un indie pop che ha vissuto i suoi fasti tra '80 e primi '90. 
Arrivato alla sua opera seconda, il musicista americano sembra ancora pienamente impegnato a scavare nella vena d'oro di un guitar pop gentile che un tempo è appartenuto a band come Sea Urchins, The Orchids, Another Sunny Days o Blueboy. 
Le canzoni di Business Of Dreams sembrano concepite, suonate, cantate e prodotte come se dovessero finire su una cassettina della Sarah Records di allora, con un rispetto filologico per nulla pedante, anzi: le melodie sono sempre rotonde e garbate, le chitarre scampanellano sognanti, il ritmo è serenamente fluido, qualche morbido synth disegna talvolta un'atmosfera di tempo magicamente sospeso. 

06 febbraio 2019

Sambassadeur - Foot Of Afrikka SINGLE

Ecco una di quelle notizie che ti cambiano la giornata. Dopo sette anni di silenzio torna una delle più grandi band indie pop di tutti i tempi: i Sambassadeur. 
Questo è il singolo che prelude all'album, in uscita a metà aprile. 

02 febbraio 2019

The Day - Midnight Parade ALBUM

Laura Loeters e Gregor Sonnenberg si sono conosciuti da studenti ad Arnhem ed hanno cominciato a fare musica insieme come The Day. Midnight Parade, che è il loro debutto sulla lunga durata,  potrebbe essere etichettato come dream pop senza sbagliare mira, ma bisogna intendersi. Non ci sono muri di chitarre nei pezzi dei The Day (se intendiamo dream pop qualcosa che assomiglia ai Pains Of Beeing Pure At Heart o ai Night Flowers), ma un'attitudine programmatica e molto lucida a imbastire costruzioni ampie, morbide e suggestive sfruttando da una parte la voce elegantissima di Laura e dall'altra una perizia strumentale e produttiva che a tratti ha del miracoloso. Ci sono chitarre gentili e cinematici synth a profusione nella musica del duo tedesco/olandese, ma c'è soprattutto una raffinata immediatezza che in alcuni episodi mi ricorda i Fleetwood Mac (We Killed Our Hearts) e in altri abbandona i limiti ristretti della canzone canonica per immergersi in un liquido abbraccio crepuscolare (Berlin, ipnotica nei suoi 7 minuti).