Non sono riuscito a reperire particolari informazioni su chi siano gli Hidden Eyes, a parte la provenienza dichiarata da Market Harborough, un paesone perso nel Leicestershire, e il fatto che la band è in sostanza costituita da due fratelli, Dylan (che suona tutto e produce) e Lou (che canta in quasi tutti i pezzi). Ma il dato principale sugli Hidden Eyes è in verità la loro programmatica adesione ad un'estetica (e ad un'etica) del tutto lo-fi (il loro primo ep Overextended, che consiglio, è stato registrato con un telefono) che fa forse di loro il primo gruppo shoegaze da cameretta.
Dal 2022 in avanti Dylan e Lou hanno pubblicato una serie di album ed ep con cadenza abbastanza regolare e frequente, ma in verità io mi sono accorto della loro esistenza solo in occasione dell'uscita di questo mini album intitolato Not Not But Soon, di cui mi sono davvero innamorato al primo ascolto.
Quello che colpisce subito nelle canzoni degli Hidden Eyes è la loro carica di elettrica e sfrigolante tenerezza: al centro ci sono sempre delle chitarre piuttosto cariche di energia statica (un po' Ride, molto Dinosaur Jr) ma il tono generale riflette una gentilezza di tocco - anche grazie alle voci "spontanee" di Lou e Dylan - che non abbiamo timore di definire twee.
Rispetto alle loro produzioni precedenti qui i due fratelli sembrano avere osato andare oltre al puro artigianato casalingo (il suono è ovunque piuttosto rotondo e pulito), pur avendo mantenuto inalterato lo spirito naïf degli esordi, che riesce veramente ad essere piacevole ed efficace senza rinunciare a un'oncia di semplicità ed immediatezza.
Un pezzo come Sleepless, che io trovo un piccolo capolavoro, potrebbe anche assomigliare al dream pop dei Night Flowers, ma la forza degli Hidden Eyes risiede nel fatto che tutto quello che suonano vuole sembrare più un demo che un pezzo rifinito, e infatti qui davvero bellezza, essenzialità e timidezza sono perfettamente sinonimi.
Ma non c'è solo questo in Not Not But Soon: in tutti gli episodi è evidente questa magica mescolanza di ruvido e morbido, che può far pensare agli Atmos Bloom (un 'altra coppia), o anche a certe cose di Castlebeat, ma è frutto di un approccio che è pienamente personale ed originale, con qualche tocco di indie pop di stampo 90's assolutamente adorabile (Pool Scene).
Menzione speciale anche per la bizzarra copertina, dove intravediamo uno scorcio visibilmente appartenente alla provincia italiana (un cinema parrocchiale?).
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