19 aprile 2024

The Reds Pinks & Purples - Unwishing Well ALBUM REVIEW

Nel mondo produttivo/musicale di Glenn Donaldson, sei mesi valgono più o meno sei anni nella carriera di qualsiasi altro artista, per cui eravamo piuttosto in pensiero quando - a partire da ottobre scorso - non abbiamo più trovato nuove uscite discografiche del profeta del jangle pop lo-fi californiano. 

In verità Glenn sembra stare piuttosto bene, ed eccoci infatti davanti al suo sesto album ufficiale (gli ep non li contiamo da un pezzo), con la sua immancabile coloratissima copertina che ritrae l'ennesima scena urbana floreale della sua amatissima San Francisco. 

L'abbiamo detto più volte: ascoltare un album dei Reds Pinks & Purples è un po' come andare a trovare un amico che abita lontano ma che, ogni volta, ci sembra di avere salutato giusto il giorno prima. Lo stile della creatura musicale di Donaldson (lui al centro, la band intorno) è a suo modo monolitica, pur avendo il Nostro fatto qualche piccola sperimentazione (solo strumentali, più o meno elettricità, più o meno produzione...) nella sua torrenziale carriera. 

Unwishing Well non smuove particolarmente la palette espressiva di Glenn, ed è esattamente il motivo per il quale ci sembra sempre davvero un vecchio carissimo amico a cui non possiamo che volere bene.

La tematica prevalente del disco - oltre a quella consueta poetica della quotidianità "normale" e straordinaria tipica dei Reds - stavolta ci sembra vertere sulla musica come mestiere, e se in passato Glenn aveva scritto una canzone che si intitolava Break Up The Band, qui ce n'è una che si chiama How To Love A Band, che ci sembra testimoniare un umore generale più sereno del solito. 

Si succedono in effetti una serie di pezzi dove le coordinate sono quelle di sempre - la stratificazione delle chitarre, jangly, acustiche e spesso sfrigolanti, la voce piana e amabilmente narrativa - e si alternano momenti più vivaci e sornioni (la iniziale What's Goimg On With Ordinary People, quella delizia pop che è Public Art), altri dove veniamo letteralmente immersi in un morbido stream of consciousness di stampo quasi dream pop (Faith In Daydreaming Youth), altri ancora dove le due cose si fondono alla perfezione (Your Worst Song Is Your Gretest Hit), con in più una ballatona strappalacrime come Dead Stars In Your Eyes che sembra stare lì in mezzo a ricordarci, se ce ne fosse bisogno, di quanto sia bravo Donaldson a scrivere canzoni emozionanti. 

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