Punisher, il suo secondo lavoro, esce da tutte queste esperienze ed è per forza intriso della visione introversa e al contempo ironica dell'artista losangelina. Ecco allora che ci sono molti episodi di essenziale emotività, retti da un'elettronica delicatamente scheletrica (non biasimatemi se azzardo che è un po' una Billie Eilish depurata da ogni pattern superpop, è un complimento), piena di carezze e altrettanti schiaffi sonori. Ma ci sono anche momenti di puro divertimento come la portentosa Kyoto, piccolo travolgente inno indie che narra in modo spassoso e sbilenco la nippofilia diffusa e conclude sarcastico "volevo vedere il mondo e allora sono volata oltre oceano, poi ho cambiato idea". E ci sono ballate acustiche che potremmo tranquillamente dichiarare classiche, con tanto di archi.
Punisher è in definitiva un album complesso, non immediato, e tuttavia meravigliosamente catchy nelle sue trame apparentemente diafane. Uno scrigno di gioielli che superano i generi e brillano della personalità fortissima della musicista che li ha creati.
Uno dei dischi imprescindibili del 2020.
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