Come spesso accade, mi sono imbattuto in questo EP appena pubblicato dai Sun June totalmente per caso: non li avevo mai sentiti nominare, nè mi sembravano inquadrabili sulle prime nel genere di musica cui di solito mi dedico. Terminato l'ascolto delle quattro canzoni di Younger ho fermato tutto quello che stavo facendo nel frattempo, mi sono procurato Years - l'album di debutto uscito l'anno passato - e ho cominciato a fustigarmi chiedendomi come avessi fatto a ignorare fino ad oggi la band di Austin, Texas.
Circa quindici anni fa un po' allo stesso modo avevo scoperto una band chiamata Hem, che suonava un personalissimo e difficilmente etichettabile mix di folk, pop, gospel e classica con una grazia quasi sovrannaturale. Sono scomparsi nel giro di poco, purtroppo.
Ecco, i Sun June un po' assomigliano agli Hem. Possiamo, se volete, chiamare dream pop anche quello che suonano Laura Colwell e compagni, a patto di svuotare la definizione dai cliché stilistici del genere: insomma, non ci sono muri di chitarre e synth qui, ma l'effetto emozionale ottenuto attraverso atmosfera e melodia è in fondo lo stesso. I cinque texani hanno battezzato la loro musica "regret pop", riassumendone (con autoironia) l'aspetto introspettivo e crepuscolare, ma bisogna davvero entrarci, nei pezzi dei Sun June, per capire davvero con cosa abbiamo a che fare. Tutto, nei 4 episodi dell'EP così come nell'album, gira intorno alla voce magnifica della Colwell: le chitarre accarezzate in punta di plettro, le dinamiche quiete, rotonde e avvolgenti, l'elegantissimo gioco dei particolari, la gentile forza atemporale di ogni chorus, l'impressionante quanto essenziale pulizia formale.
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