Ha ormai una carriera decennale alle spalle, Laura Stevenson. Carriera in cui si è mossa con agio tra ascendenze folk e un indie pop spigliato, tra cantautorato dalla forte spinta emozionale e pop-rock elettrico, ironico e gioioso. Cocksure, l'ultimo lavoro risalente al 2015, ne è stato un po' il vertice, mettendo insieme queste sue due anime e facendole convivere in una serie di episodi ora commoventi, ora divertenti.
Non è però mai entrata nell'olimpo delle singer/songwriter, la musicista di New York, nonostante un talento e una capacità comunicativa secondi a poche, forse proprio per il suo essere poco inquadrabile.
Con The Big Freeze, il numero cinque nella sua discografia, Laura sembra cogliere due obiettivi in uno: da una parte una crescita di scrittura e di esecuzione evidente e a tratti impressionante, dall'altra la focalizzazione definitiva sull'aspetto più intimo del suo stile, che ora come mai ha acquistato personalità e riconoscibilità.
Voce (bella come mai è stata prima) e chitarra acustica sono il centro attorno al quale sono costruiti i 10 episodi dell'album, perfettamente equilibrati fra una sorridente verve melodica (Dermatillomania) che è sempre stato il suo marchio di fabbrica e l'ambizione di coinvolgere emotivamente l'ascoltatore con ballate elettro-acustiche (i tre numeri finali Big Deep, Low Slow e Perfect) di sognante ed ampia bellezza, che si arrampicano con grazia lungo potenti crescendo.
Uno dei dischi da non perdere di questo 2019, senza dubbio.
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