Probabilmente i Tullycraft non sono mai stati una band eccezionale: sono stati distintivi e seminali, questo sì, e pure piuttosto longevi visti i due decenni abbondanti di attività. Da parecchio sembravano spariti - e probabilmente molti si erano serenamente dimenticati di loro - salvo poi riapparire con un album, il settimo in carriera, che non solo rinverdisce i fasti di Beats Surf Fun, ma potrebbe pure essere la cosa migliore che abbiano pubblicato negli ultimi, ehm... 23 anni.
Lo stile di Sean Tollefson e compagni è lo stesso dagli esordi: un guitar pop di intellettuale spontaneità, allegramente confusionario, pieno di liriche spiritose e citazionismo, coretti e ritornelli contagiosi, giocoso e melodico esattamente come il genere richiede. Da sempre i Tullycraft sanno scrivere canzoni, ma le sanno anche un po' "buttare via" con una scrollata di spalle lo-fi. I dodici pezzi di The Railway Prince Hotel invece sembrano davvero brillare di luce propria dal primo all'ultimo, essenziali ma levigati il giusto, sgangherati quel tanto che basta, in alcuni momenti (l'uptempo di straordinaria leggerezza di Beginners At Best su tutti) davvero entusiasmanti.
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