09 agosto 2022

Castlebeat - Half Life ALBUM REVIEW

Mi metto nei panni del 90% del pubblico di Stranger Things, che gli anni '80 non li ha vissuti perché non era ancora nato, e mi immagino l'effetto che farebbe un pezzo come Moment piazzato nel bel mezzo della serie, dentro il walkman di uno degli adolescenti protagonisti. Probabilmente tutti penserebbero ad un altro geniale recupero dell'epoca di Running Up The Hill, e invece no, è lo strumentale che apre Half Life di Castlebeat.

Ad ogni modo purtroppo nessun pezzo di Josh Hwang è finito - mi risulta - in una serie Netflix, e comunque quando parliamo dei suoi Castlebeat sarebbe davvero limitante riferirsi solo agli anni '80 come modello dominante. In verità la band che gira intorno all'artista californiano da sempre è un portentoso frullatore indie pop che mette insieme tante cose diverse (ma non poi così tanto) in nome di un approccio super artigianale che bada al sodo e arriva sempre a fare centro con pochissimi mezzi e con quell'aria adorabile di essere lì per caso in cameretta a registrare. 

Nella musica di Josh ci sono sinth, certo, e drum machine a manetta, ma ci sono soprattutto tonnellate di chitarre jangly, che vanno a creare quell'ibrido surf indie post punk dream pop twee cantautorale lo fi (con una parentela di primo grado con i Cure più leggiadri) che Hwang ha cercato, creato e nutrito fin dagli esordi.

Ecco, Half Life contiene tutto il mondo Castlebeat distillato in 12 episodi, con in più alcune bombe terribilmente catchy come Into Home  Robert Smith ne sarebbe davvero un po' geloso). E poi un paio di momenti realmente emozionanti come la neworderiana Looking For Something e soprattutto la sognante Spill, lacrime di gioia sui titoli di coda del disco. 

Un disco di onesta ed entusiasmante bellezza. Nella Top 2022 subito! 

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