Premesso che sono un fan di Sophie Allison fino dai suoi esordi (Songs From My Bedroom uscì nel 2015), devo confessare che l'ultimo album Sometimes Forever, pubblicato nel 2022, non mi aveva completamente convinto. Fatta la tara al talento immenso di scrittura della musicista di Nashville, era la produzione che virava verso territori segnati da un'elettronica "sonica" e a tratti oscura a non faRE decollare il disco.
Nei due anni successivi Sophie ha dato segno di essersi forse in parte pentita di avere fatto un album, per così dire, "difficile", e ha pubblicato una serie di cover di grande piacevolezza e intelligenza: innanzitutto una Soak Up The Sun che esaltava l'originale di Sheryl Crow, e poi una piccola deliziosa raccolta intitolata ironicamente Karaoke Night, in cui spiccava una Dagger prestata dagli Slowdive e restituita nella purezza gentile e malinconica dell'originale.
Per il suo quarto album Soccer Mommy ha deciso di cambiare produttore, abbandonando l'esperienza con Daniel Lopatin e chiamando Ben H. Allen III, uno che ha esperienze più canoniche e meno sperimentali (ha lavorato con i Belle & Sebastian, per dire).
L'episodio che apre Evergreen dice già molto: nella splendida Lost ritroviamo il suono della chitarra acustica, la voce di Sophie è più morbida che mai e nell'evoluzione del pezzo sono gli archi a spalancare lentamente una canzone che è insieme dolente e catartica. Insomma la strada è quella della Soccer Mommy degli esordi, ma - come è giusto che sia - in una versione matura, che affronta la tematica della perdita di una persona cara (la madre di Sophie) pezzo dopo pezzo, rielaborando il lutto con un'onestà lirica impressionante.
Ed ecco allora l'essenziale e avvolgente impasto di chitarre - sì, quello dei primi due dischi - della intensa M, che per molti versi assomiglia ad una narrazione alla Phoebe Bridgers, dove sembrano sempre dominare una rabbia ed un'angoscia trattenute (And in my dreams i'm still not free, i feel those hands around my neck, like the truth is killing me).
Con la successiva Driver aumenta, passo dopo passo, l'energia, in modo direttamente proporzionale ad un'oscurità emotiva serenamente inquieta, che ancora ricopre tutto anche in Some Sunny Day, soffice, floreale ed obliqua al tempo stesso nel suo andamento caracollante.
L'intero percorso di Evergreen è una densa foresta di ricordi in cui Sophie sembra aggirarsi in cerca forse di un'uscita, che appare come un varco qui e là e poi scompare: è il caso dell'intensa e commovente Changes, dove le immagini si accumulano l'una dopo l'altra in un paesaggio dove il passato e il presente si confondono come dentro un sogno ("e posso percepire i cambiamenti, e non voglio affrontarli, è dura abbastanza sapere che tutto svanirà nella memoria nel tempo"). Non c'è alcun varco qui, ma nella successiva Abigal - che possiede fin da subito una inaspettata leggerezza Cure-iana - i piedi sembrano staccarsi da terra verso un cielo colorato da un crepuscolo pop.
Ma è solo un istante di effimera ebbrezza prima di ritornare stuck in a memory, come canta Allison nella successiva Thinking Of You, dove ancora dolcezza e disperazione sembrano scaturire dalla stessa fonte. La larghezza narrativa e l'acidità delle chitarre hanno un po' il sapore di certe cose di Sharon Van Etten, che in fondo da sempre è uno dei riferimenti di Soccer Mommy. Ma il marchio stilistico, come è evidente anche in Dreamin Of Falling, è davvero quello di Sophie Allison: le parole al centro, brucianti di sincerità ("e qualche volta mi sembra come se stessi sognando di cadere quando sono in dormiveglia") e una calda coperta melodica intorno che però lascia sempre una parte scoperta. Insomma, le proprie canzoni come mezzo per affrontare la realtà, ma la realtà poi rimane lì, così come i ricordi che finiscono per inseguirti anche se non vuoii: "e nella luce del giorno sono perseguitata, lei non può svanire, è sempreverde" canta Allison nella conclusiva Evergreen, che sembra sciogliere tutti i nodi dell'album per poi annodarli ancora.
Album che è in definitiva bellissimo e per nulla facile - nonostante le premesse - specie per la sua insistenza ossessiva sulla stessa tematica, ma al contempo ha una sua straordinaria fluidità espressiva ed emotiva: ti trascina giù senza che tu te ne accorga, ti culla piano piano dentro la notte più scura ma non ti nasconde nulla di ciò che c'è la fuori e che fa paura.
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