Ritornati dopo una pausa creativa di dieci anni, i Fauns ripartono con un pezzo (quello che apre l'album) di densa suggestione, Mixtape Days, che nelle liriche rievoca l'indie clubbing sullo scorcio fra '80 e '90 e nella portentosa struttura sonora, oscura, incalzante e avvolgente, sta tra i Cure più scenografici e i Blonde Redhead di 23.
Suoni elettronici, ritmiche squadrate e chitarre atmosferiche à la Martin Gore, anche nel secondo episodio: una Shake Your Hair intrisa di un romanticismo distopico e inquietante.
Se i primi due pezzi ci introducono in un buio sottilmente claustrofobico, l'apertura di How Lost riaccende la luce e si infila nei binari più confortevoli di un dream pop al contempo solenne e cantilenante, dove synth, chitarre e voce si fondono insieme in un lungo bagliore finale.
Di nuovo un tuffo in una notte liquida con Afterburner (la voce di Alison che si fa a poco a poco sussurro in un gorgo di rumore bianco che inghiotte il pezzo), prima della splendida, distesa e sognante Doot Doot, che è una sorta di geniale ibrido fra lo shoegaze e gli Eurytmics, che svuota la forma canzone classica pur conservandone l'immediatezza melodica e da un punto di vista di raffinatezza produttiva è il vertice di tutto l'album.
A chiudere l'elettronica oscura e quasi ballabile di Modified e Dark Discoteque. E infine l'orizzonte emozionante e crepuscolare di Spacewreck, vasta scenografia che si allunga all'infinito sulla scia dei synth.
How Lost è un album ambizioso, deliberatamente atmosferico, in verità difficilmente inquadrabile in un genere preciso: più una colonna sonora (molti i rimandi tra un momento e l'altro) che una vera e propria raccolta di canzoni in senso stretto, sicuramente affascinante.
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