25 gennaio 2024

The Fauns - How Lost ALBUM REVIEW

Si erano perse le tracce dei The Fauns, dopo che la band di Bristol era stata protagonista di una piccola wave di shoegaze revival una quindicina di anni fa. In verità il gruppo di Alison Garner non ha mai suonato uno shoegaze canonico (se mai ne esiste uno), ma fin dagli esordi ha utilizzato elementi del genere - soprattutto le chitarre riverberanti e immersive e una insistenza dilatazione melodica - per farsi la propria strada e costruire uno stile decisamente cinematico e piuttosto algido.
Ritornati dopo una pausa creativa di dieci anni, i Fauns ripartono con un pezzo (quello che apre l'album) di densa suggestione, Mixtape Days, che nelle liriche rievoca l'indie clubbing sullo scorcio fra '80 e '90 e nella portentosa struttura sonora, oscura, incalzante e avvolgente, sta tra i Cure più scenografici e i Blonde Redhead di 23
Suoni elettronici, ritmiche squadrate e chitarre atmosferiche à la Martin Gore, anche nel secondo episodio: una Shake Your Hair intrisa di un romanticismo distopico e inquietante. 
Se i primi due pezzi ci introducono in un buio sottilmente claustrofobico, l'apertura di How Lost riaccende la luce e si infila nei binari più confortevoli di un dream pop al contempo solenne e cantilenante, dove synth, chitarre e voce si fondono insieme in un lungo bagliore finale. 
Di nuovo un tuffo in una notte liquida con Afterburner (la voce di Alison che si fa a poco a poco sussurro in un gorgo di rumore bianco che inghiotte il pezzo), prima della splendida, distesa e sognante Doot Doot, che è una sorta di geniale ibrido fra lo shoegaze e gli Eurytmics, che svuota la forma canzone classica pur conservandone l'immediatezza melodica e da un punto di vista di raffinatezza produttiva è il vertice di tutto l'album. 
A chiudere l'elettronica oscura e quasi ballabile di Modified e Dark Discoteque. E infine l'orizzonte emozionante e crepuscolare di Spacewreck, vasta scenografia che si allunga all'infinito sulla scia dei synth. 
How Lost è un album ambizioso, deliberatamente atmosferico, in verità difficilmente inquadrabile in un genere preciso: più una colonna sonora (molti i rimandi tra un momento e l'altro) che una vera e propria raccolta di canzoni in senso stretto, sicuramente affascinante. 

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