29 novembre 2022

Holy Now - Dream Of Me ALBUM REVIEW


Ascoltando il nuovo disco degli Holy Now, mi chiedevo a quanto tempo fa risalisse quell'album di debutto,  Think I Need The Light, che li ha fatti conoscere consacrandoli immediatamente come indie band di culto. L'impressione - vista l'impronta indelebile che mi aveva lasciato il gruppo svedese con il suo esordio - è che fosse uscito uno o al massimo due anni fa. E invece, controllando meglio, di anni ne sono passati quasi cinque. Tanti.

Non ho idea di cosa sia successo da allora ad oggi e se ci sia un motivo per tanta attesa, tuttavia Julia Olander e compagni sono sbucati nuovamente fuori dalla notte in cui erano entrati, e questo Dream Of Me è davvero - per restare nella metafora - un faro luminosissimo. 

Nell'iniziale Ballad, nuda e un po' spettrale, riconosciamo quel "cuore di ombre" che batteva sotto la levigata superficie di Think I Need The Light: la voce apparentemente così fragile e al contempo così emozionante di Julia, il disegno semplice ma sottilmente impenetrabile delle melodie senza tempo e genere degli Holy Now. 

Le chitarre, quelle che dagli esordi rendono così peculiare lo stile della band di Malmoe, arrivano solo con il secondo episodio, Places, dove ritroviamo in pieno gli Holy Now che avevamo lasciato tanto tempo fa: un'eleganza in crescendo che fiorisce come un albero in primavera su uno scheletro di essenzialità post punk, con cori e strumenti che germogliano l'uno dall'altro in un paesaggio sottilmente inquietante.

Hold Me / Know Me, primo singolo già scoperto con piacere sei mesi fa, sviluppa con perfetta cura formale la poetica sonora degli Holy Now: quasi algida e schematica al primo impatto, di eterea spiraliforme morbidezza nel magistrale sviluppo del pezzo. Una meraviglia che si sfalda all'improvviso dopo tre minuti, quasi come un fiocco di neve che si scioglie al primo calore. 

Dream Of Me porta avanti l'idea di invernale delicatezza del jangle pop della band, la stessa che troviamo in sostanza anche nel resto del disco, dove spesso i ritmi rallentano e la narrazione di Julia - quella voce che spinge naturalmente in alto e sembra sempre sul punto di rompersi - si eleva sopra un contorno di tremula raffinatezza (Never Fall In Love Again) e risplende a tratti di luce propria facendo ruotare tutto intorno a sé (Silk) in un'atmosfera di tensione trattenuta, che si scarica in istanti di bellezza sognante (Alright).

Don't You Understand, perfetto spannung dell'album, con il suo piglio a metà tra girl group degli anni '60 e micidiale semplicità elettrica alla Jesus & Mary Chain, è il gioiello incastonato nel punto più alto del disco e mostra in modo definitivo, da un lato, quanta personalità emani la band di Malmoe, e dall'altro un coraggio non indifferente nel creare piccole architetture pop che si spengono appena prima di diventare pienamente catchy (è una scelta programmatica nella scrittura del gruppo, da sempre). 

Every Time The Morning Comes, ballad crepuscolare fatta di armonie vocali e uno strum di chitarra, basilare e ripetuto, chiude Dream Of Me con il lato opposto di come era iniziato: una sorta di catarsi raggiunta che sembra promettere serenità nel primo bagliore di un alba nordica. La dimensione è totalmente cantautorale, e questo in definitiva è la firma con cui Julia e i suoi tre compagni sembrano siglare il proprio stile, tenendosi sempre a distanza dalla tentazione di un ritornello troppo cantabile o di una ritmica troppo dinamica. Con gli Holy Now siamo in un'affascinante notte boreale, dove le luci sono abbaglianti ma in un modo mai convenzionale.

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