22 febbraio 2022

Basement Revolver - Embody ALBUM REVIEW

Embody è il secondo album per la band di Hamilton, Ontario: un nuovo poderoso passo in avanti per un gruppo che seguiamo davvero dalle sue primissime mosse e che da allora non ci ha mai deluso.

Chrisy Hurn e i suoi compagni hanno ritagliato con forza e personalità la forma ormai molto definita e riconoscibile del proprio dream pop, mettendo insieme infinita dolcezza e profonda oscurità in architetture di scenografica emozionalità. 

Al centro, sempre di più, la voce angelica di Chrisy, catalizzatore non solo dell'elettrica eleganza di ogni paesaggio sonoro, ma anche e soprattutto di liriche che esprimono una notturna antologia di disagio ed inquietudine ("vorrei essere a mio agio dentro la mia pelle" dichiara il ritornello di Skin; "sono sempre in guerra con la mia mente" quello di Circles; "ho perso il controllo, sono diventata un buco nero" quello di Black Hole...) che però anziché sprofondare va costantemente in cerca della luce. 

Ecco allora che i momenti in cui l'intimismo dolente delle parole si scioglie nei muri sfrigolanti delle chitarre (lo shoegaze quasi canonico di Tunnel Vision)  si alternano a quelli in cui ombre e bagliori si muovono in un'oscurità liquida di apparente serenità, il tutto tra un pezzo e l'altro o dentro la stessa canzone (Storm ad esempio, o l'ancora più complessa Dissolve). Fino ad esplodere in quella dimensione vasta e melodicamente scenica che è il vero marchio di fabbrica del gruppo canadese: Transatlantic in questo senso sono i Basement Revolver in purezza. 

Tra tante band di genere, quella di Chrisy Hurn non ha puntato né sull'immediatezza catchy, né sulla potenza muscolare, né sull'espressionismo emotivo: tutto il percorso dei Basement Revolver è davvero un equilibrismo fra questi tre poli, che li mescola e li sovrappone continuamente e che muove da una sincera esigenza di trasformare in bellezza ciò che sanguina dentro. E un pezzo magnifico come la conclusiva lunga e ambiziosa Long Way, con le sue chitarre country che si fanno distorsione, il suo crescendo da pelle d'oca, la sua coralità liberatoria e la voce della Hurn che sale tra le stelle, sembra allora la fotografia perfetta di cosa i quattro di Hamilton vogliono essere. 

Un album fondamentale da una delle band fondamentali di oggi. 

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