Con un nome come Antonioni, ci si aspetterebbe una band devota alla psichedelia più inquieta e intellettuale. E invece la band di Seattle, pur omaggiando il grande regista di Zabriskie Point ed avendo senz'altro un coté psych, nel proprio disco d'esordio si muove con grande disinvoltura sulle strade di un dream pop energico e mosso, che mette uno dietro l'altro episodi anche piuttosto diversi sia nell'umore che nella tessitura. Tanto che forse in fondo non nemmeno di dream pop si tratta, ma di qualcosa di decisamente ibrido, personale ed ambizioso.
Facciamo degli esempi concreti prendendo i primi cinque pezzi in ordine di comparizione: Mouth Breather ricorda il match rock addomesticato, dinamico e scenico dei Great Grandpa, Shiver affonda in un languido abbraccio jangly, Malcomer, con la sua corrusca e al contempo ruvida immediatezza, sta dalle parti dei Middle Kids o delle Pillow Queens, Mary Bell echeggia le chitarre sature degli Smashing Pumpkins, e Puck, questa sì, si tinge di psichedelia dilatando una irrequieta dolcezza in una coda di chitarre, synth e voce.
Il resto dell'album rimane in sostanza in questi territori (con in più un numero come Strange 2 Them, delicatamente straniante nel suo etereo crescendo acustico-elettrico), scaraventando nello stesso frullatore melodia ed elettricità e giocando in modo raffinatissimo a disseminare i pezzi di richiami interni fra l'uno e l'altro.
Il risultato è sicuramente di forte impatto, per merito innanzitutto di una cura dei particolari che ripulisce e arrotonda con grande perizia i suoni senza perdere la dimensione indie delle origini. E grazie soprattutto alla splendida duttilissima voce ed alla personalità di Sarah Pasillas, vero motore carismatico degli Antonioni.
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