Sono passati ben tre anni da quel Soft Spots che aveva attirato a Stevie Knipe applausi e consensi unanimi. Tre anni interrotti giusto da un pregevole split single smezzato con Laura Stevenson, altra singer songwriter che - insieme ad un pugno di colleghe - sta rinnovando con merito la tradizione del cantautorato femminile americano.
Dall'esordio fino a qui, Adult Mom ha subito una lenta metamorfosi da una dimensione "da cameretta" sostanzialmente acustico lo-fi, ad una più indie e garage pop, fino alle canzoni di questo Driver, che si muovono sopra i generi mantenendo, sotto la superficie elegante e increspata di una produzione misuratissima, quel cuore folk e open hearted che la Knipe non ha mai abbandonato.
Molti episodi occhieggiano alle ultime cose di Waxahatchee e di Soccer Mommy, ma c'è anche un po' del fascino notturno di una Phoebe Bridgers e, perché no, della raffinatezza di una Aimee Mann e dell'essenzialità sofferta di una Cat Power.
Le liriche (belle, acute, dirette) restano il centro attorno a cui gira tutto il resto, virando ora su atmosfere più "americane" e obliquamente intime che vanno piano piano a dilatarsi, ora su aperture pop che arrivano quasi inaspettate (Sober).
In Driver non c'è forse l'immediatezza dell'album precedente, ma è davvero lampante la ricerca di scrittura che Stevie Knipe ha intrapreso negli ultimi anni. Così come è indiscutibile il talento che ce la fa indicare tra le migliori artiste indie della sua generazione.
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