12
Sunbathe - Somewhere In Between
Ha la West Coast nelle vene la musica di Maggie May Morris: è evidente nel suono liquido delle chitarre, nell'ariosa malinconia di fondo di molti pezzi, nella dimensione quasi psichedelica del suo guitar pop. Le canzoni di Sunbathe ruotano intorno alla voce della Morris con algida grazia, circondandola di suggestive spirali elettriche.
11
Katie Malco - Failures
Descritto da lei stessa come un "coming of age album", Failures è il vero esordio della musicista inglese: dieci pezzi di vigorosa introversione e timido romanticismo, pieni di brume acustiche e di crescendo emozionanti, dove è normale ritrovare una disarmante dolcezza persino nei più fragorosi muri di chitarre.
10
Phoebe Bridgers - Punisher
Punisher è stato per la cantautrice californiana l'album della consacrazione, facendola conoscere anche al pubblico più vasto. Eppure si tratta di un disco complesso, pieno di dolore e di fantasmi, fatta eccezione per pochi episodi inaspettatamente catchy (Kyoto è un piccolo miracolo). Tuttavia la forza comunicativa di Phoebe è talmente straripante e coinvolgente da accendere la luce anche nell'oscurità più fitta.
9
Beach Bunny - Honeymoon
Lili Trifilio è giovanissima ma sembra saperla lunga. Le nove canzoni di Honeymoon straripano letteralmente di energia dall'anima quasi punk, ma la convogliano in un guitar pop quasi sempre uptempo, catartico ed esplosivo come dinamite post-adolescenziale, semplice e immediato in superficie fino alla sfrontatezza, ma in realtà raffinato nella scrittura e coinvolgente come pochi.
8
Emma Kupa - It Will Come Easier
Lasciate in stand by band e collaborazioni varie, la prolifica musicista inglese ci regala una collezione di canzoni a cuore aperto, lontane stilisticamente dal power pop che le è consueto ma non dalla scrittura intelligente e di impatto che è naturalmente nelle sue corde. Undici pezzi dall'anima acustica, pieni di un'inaspettata e intima dolcezza.
7
The Beths - Jump Rope Gazers
Un paio d'anni fa abbiamo diplomato i neozelandesi come debuttanti dell'anno. Ora, al secondo album, non possiamo che laureare i Beths come veri maestri del power pop contemporaneo. Beth Stokes e compagni suonano sempre con quello spontaneo travolgente divertito entusiasmo che è il loro marchio di fabbrica, e in Jump Rope Gazers provano anche a rallentare i ritmi e a rendere ancora più effervescente il colorato mix di chitarre e backing vocals che li ha fatti amare in giro per il mondo.
6
Honey Cutt - Coasting
Il campo dell'indie pop più rinfrescante, spigliato e catchy - quello che di solito appartiene agli Alvvays per intenderci - quest'anno è dominato da Kaley Honeycutt. La musicista basata a Boston maneggia con sorniona naturalezza un guitar pop frizzante (ma ironicamente inquieto) dalle tinte surf, solo apparentemente "leggero", che riesce comunque in ogni episodio ad appiccicarti addosso un ritornello killer.
5
Soccer Mommy - Color Theory
Quanti artisti riescono ad essere intensi di una fitta densità emozionale ed insieme luminosamente leggeri? Pochi, forse pochissimi, e Sophie Allison è indubbiamente una di loro. Le canzoni di Color Theory trasudano rabbia e sofferenza in modo non differente da quelle di altre straordinarie cantautrici di oggi, ma Soccer Mommy ha scelto di trattenerle nelle scintillanti maglie elettro-acustiche che contengono ogni pezzo come un baluardo di bellezza in un mondo complicato. Un album non facile, dove non c'è un vero pezzo "immediato" ma trapela una forza quieta, diffusa, liquida, umanistica e inarrestabile.
4
Jetstream Pony - Jetstream Pony
Oltre ai raffinatissimi Luxembourg Signal (vedi sotto), Beth Arzy è al centro anche di quest'altra super-band di veterani dell'indie pop (con lei Shaun Charman, Kerry Boettcher e Hannes Mueller), che però spinge più sul pedale dell'uptempo ed ha un'attitudine maggiormente ruvida e dinamica, tra ricordi C86 e lo stile dei gruppi della mitica Flying Nun: melodie di miele e chitarre sfrigolanti, ritmiche essenziali e incalzanti strutture circolari. Strano a dirlo, considerando il pedigree da sogno dei musicisti, ma è un disco d'esordio!
3
Hazel English - Wake Up!
Primo vero album dopo una fenomenale infilata di ep, Wake Up! fotografa Hazel English in una consapevole transizione dal dream pop etereo, diafano e scampanellante degli esordi, ad una forma canzone più classica e programmaticamente orecchiabile, che travalica i generi e si nutre di storia del pop, da Bacharach in giù, con rispetto ed intelligenza. La musicista australiana, ormai californiana d'adozione, ha lavorato duro nella scrittura e nella produzione senza nascondere le proprie ambizioni, ed il risultato riesce a mettere insieme eleganza retrò e quella timida e sognante leggerezza che è da sempre il suo segno distintivo.
2
Pillow Queens - In Waiting
C'è un'esigenza di raccontare così densa e travolgente nelle loro canzoni, che le Pillow Queens potrebbero fornire energia elettrica all'intera Dublino. Con gli spinotti delle chitarre ben infilati negli ampli sfrigolanti dell'indie anni novanta e l'attitudine ruvidamente gentile del cantautorato femminile di oggi, Sarah, Rachel, Cathy e Pamela fanno deflagrare la loro personalità in un disco di debutto quasi incredibile per forza comunicativa. Tutte e quattro cantano e si dividono le parti per ricomporle poi in un tutto in cui ogni chorus, ogni crescendo sembrano fatti apposta per sparare fuori una rabbia primigenia in modo a tratti drammatico ma mai mai retorico. Nelle pieghe di In Waiting c'è davvero di tutto: carezze e pugni, melodie e distorsioni, un romanticismo spontaneo e viscerale, e soprattutto un pugno di pezzi (li nominiamo: Holy Show, Handsome Wife, Liffey, Gay Girls, Brothers) di commovente purezza.
1
The Luxembourg Signal - The Long Now
Tra mille band che si muovono tra le declinazioni più diverse dell'indie pop, The Luxembourg Signal possiedono da sempre una marcia in più: la capacità di conoscerle tutte in profondità, quelle declinazioni, e di poterle utilizzare tutte insieme, fondendole in un unico oceano sonoro, dalla superficie appena increspata e baluginante di luce. Beth Arzy, Betsy Moyer e compagni, da fuoriclasse assoluti, quando pubblicano un album puntano alla perfezione, e The Long Now è semplicemente un disco fatto di canzoni perfette: eleganti ed emozionanti al tempo stesso, ampie e dinamiche, sensuali, morbide ed elettriche, essenziali nella loro ricercata e levigata immediatezza.
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