Per molto tempo, più di un decennio fa, il blog che state leggendo era quasi esclusivamente scandinavian-oriented. Non starò oggi a spiegare perchè, tuttavia in quegli anni ho scoperto artisti nordici straordinari che altrimenti non avrei mai conosciuto. Di tanti ho perso le tracce nel tempo, per colpa mia, più che altro.
Nel 2007 avevo incoronato come album dell'anno un disco intitolato Jag Fick Feeling, esordio solista di una musicista metà svedese metà finlandese chiamata Anna Järvinen, che già conoscevo come cantante dei Granada. Era un album interamente cantato in svedese. Ed era semplicemente splendido. Una sorta di pop intimo e atemporale, intriso di un romanticismo timido ma al contempo fortissimo, un po' folk e un po' jazz, con la voce di seta e cristallo di Anna al centro.
Con il tempo ho perso di vista Anna Järvinen - che ha pubblicato altri quattro album, con cadenza temporale molto ampia - per poi imbattermi per caso nel suo nuovo lavoro, Vestigia Terrent. Che, diciamolo subito, è un disco disco meraviglioso come e più del suo debutto.
Se supererete lo scoglio delle liriche in svedese (il che, davvero, io non ho mai percepito come un problema) scoprirete una delle cantautrici più brave e sconosciute d'Europa.
I dieci pezzi di Vestigia Terrent fotografano Anna al suo meglio e si sente anche al primo ascolto la cura appassionata e maniacale per la scrittura, per la ricerca di una struttura dei pezzi che gioca a deviare impercettibilmente dalla convenzionalità, per i dettagli minuti e scintillanti di ogni arrangiamento, per la rotonda morbidezza di ogni melodia.
Difficile fare confronti o esempi con altre artiste: la quieta e intensa delicatezza di ogni singolo istante musicale prodotto dalla Järvinen è assolutamente personale e irripetibile. Prendete Melodifestival, con la sua insistita leggerezza contrappunatata dal flauto, oppure la commovente circolare semplicità di Psalm, talmente perfetta nel suo sereno girotondo di piano, chitarra acustica, batteria spazzolata, armonica e voce che sembra spezzarsi da un momento all'altro. O ancora la densità sinfonica di Bara Du Kommer, l'elettronica gentile ed elegantissima di Ljuset, la confessione nuda, emozionante ed emozionata di Vestigia Terrent. Non c'è episodio che non abbia una veste orchestrale (più o meno sontuosa) perfettamente aderente all'intenzione della canzone, con un equilibrio che sembra a tratti miracoloso.
Se volete scovare un tesoro nascosto, eccolo qui.
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