Parlando del loro debutto, avevo descritto così lo stile dei Westkust: melodie zuccherine disegnate con mano ferma su un muro di chitarre distorte da shoegazer. Mi sembra tuttora una fotografia efficace della musica di Julia Bjernelind e compagni: le canzoni degli svedesi possiedono indiscutibilmente un'anima di morbido romanticismo, ma tutto attorno si muove in maniera febbrile e fragorosa un'elettricità poderosa e sfrigolante che rende il tutto a suo modo antemico e fortemente emozionale. La forza è in fondo la stessa esibita dai concittadini Makthaverskan (di cui hanno condiviso addirittura dei membri in passato), ma meno rabbiosa e più volta a dinamiche e sfondi di marca dream pop.
Ascoltando i nove episodi dell'album si ha l'impressione che i Westkust l'abbiano concepito quasi come un unico granitico blocco da ascoltare senza prendere fiato, una sequenza killer che ti investe e ti trascina con sè in un'unica spumeggiante ondata di riverberi e melodie di immediata circolarità. Un'esperienza da vivere con il volume abbastanza alto da creare un piacevole stordimento.
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