"Musica dal Museo Andy Warhol" dichiara in modo sibillino la pagina Bandcamp degli Stutter Steps. Al di là di ogni legittimo omaggio al mentore dei Velvet Underground, è un'affermazione oggettiva, considerato che Ben Harrison, a cui la band è intestata, è il curatore del succitato museo a Pittsburgh.
A giudicare dalle sei canzoni di questo Floored, Harrison deve essere un talento multiforme, visto che i suoi Stutter Steps hanno dato vita ad uno dei migliori dischi indie pop dell'anno. Fin dal pezzo iniziale, che dà il titolo a tutto il lavoro, siamo accolti da un florilegio di chitarre jangly, che ci accompagneranno lungo tutti gli episodi dell'EP, alternando sapientemente gli uptempo e i ritmi più distesi. Le voci di Ben e di Cindy Yogmas, capaci di fondersi con delicata perfezione, sono l'altro plus della band di Pittsburgh, e in pezzi come la sognante Identical Eyes ricordano la dilatata gentilezza dei primi Mojave3.
C'è senz'altro un lascito velvetiano nella musica di Harrison (c'è nel 90% dell'indie, in verità, e senza dubbio qui c'è una disposizione narrativa delle liriche che ha imparato la lezione di Reed), ma l'attitudine dei suoi Stutter Steps è decisamente orientata verso l'estetica C86 e l'indie pop sornione della epopea Flying Nun (Weak Restraint e la conclusiva Encino fanno molto The Bats), con quel misto di ruvidezza artigianale e melodia che non può che piacerci.
Un piccolo grande disco da scoprire, onesto e coinvolgente.
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