14 novembre 2021

Makthaverskan - För Allting ALBUM REVIEW

Nel 2017, quando uscì III, il loro terzo album, fu chiaro a tutti quanto i Makthaverskan fossero depositari di un ideale fuoco sacro post punk che dai Joy Division scendeva giù fino alla contemporaneità. Poche band come quella di Göteborg erano in grado di essere spigolosamente catartiche, con la vocalità potente e quasi gridata di Maja Milner, la pioggia torrenziale di chitarre, i ritmi squadrati, inquieti e uptempo, la forza comunicativa che fa diventare a poco a poco melodia una rabbia a stento trattenuta. 

Ritroviamo oggi i ragazzi svedesi con una certa emozione ed ovviamente tutti ci aspettiamo che l'eredità di III finisca dritta in un IV che ne riprenda alla perfezione le tinte stilistiche. Non è così, o almeno non del tutto, e forse la decisione di bloccare la numerazione romana in virtù di un titolo a parole, per quanto criptico ("per ogni cosa" è la traduzione), va a significare una transizione, o piuttosto una maturazione.

I nuovi pezzi dei Makthaverskan, intendiamoci, suonano assolutamente come devono suonare: intrisi fino alle ossa di una tradizione indie che proviene dai Cure dei primi Ottanta, dai Jesus & Mary Chain, dallo shoegaze delle origini, dall'indie di Sonic Youth e Blonde Redhead, da tutto un meraviglioso filone di chitarre acide e sature che si intrecciano e si accalcano attorno a linee melodiche di fluida immediatezza. Quello che c'è in più - ed è evidente - è una maggiore consapevolezza produttiva, che sembra limare le imperfezioni e aggiungere qualche tocco in più (synth, drum machine...) senza voler strafare, inquadrando anche la esuberanza vocale di Maja ed esaltandone invece stavolta più la raffinata versalità (mi pare che l'accoppiata Closer e Caress riassuma bene quello che intendo). Quello che non c'è più, forse, è quella energia primordiale e propulsiva che animava i primi tre dischi, e che qui dopotutto è più che giusto e normale che sia sostituita da una preoccupazione per la forma oltre che per il contenuto, viaggiando anche verso soluzioni più morbide e decisamente dream pop (il terzetto conclusivo These Walls, For Allting, Maktologen, quest'ultima che pare uscita da un disco dei Night Flowers, ed è un complimento ovviamente), dove le strutture stesse e i confini temporali delle canzoni si dilatano raggiungendo i cinque minuti e fluttuando a tratti un iperspazio sonoro. L'anima in fondo si può preservare benissimo anche se si rinuncia ad un estetica di essenzialità lo-fi. 

Ci sono ovviamente i numeri più vicini allo stile che conosciamo bene - This Time o TomnorrowTen Days - e ancora brillano di quella freschezza che i ragazzi di Göteborg ancora possiedono inalterata, pur non avendo più addosso gli immancabili vestiti neri ma degli abiti più colorati e luminosi. 

Uno degli album imperdibili del 2021, ma non c'è nemmeno bisogno di dirlo. 

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