Mi capita tutti gli anni, in questo periodo, di tornare indietro a riascoltare dischi usciti nei mesi precedenti che avevo infilato nella lista "da ascoltare" senza poi avere il tempo di farlo davvero. Tra i tanti (tanti davvero), quello che mi pento maggiormente di avere trascurato è questo Soft Dial Tone delle californiane SOAR.
Le quattro musiciste basate a San Francisco hanno già un album alle spalle e mostrano, in questo loro secondo lavoro, una sicurezza nei propri mezzi più che evidente. Il nucleo della musica delle SOAR potrebbe essere definito come un ibrido tra l'essenzialità del garage pop e la ricerca di strutture inusuali del math rock (un po' lo stesso milieu dei Great Grandpa): non c'è un pezzo che cerchi di essere apertamente orecchiabile, e su tutto aleggia una sensazione di obliqua inquietudine, tuttavia c'è anche - in ognuno degli episodi dell'album - una grande immediatezza comunicativa. Immediatezza che passa soprattutto dalle armonie vocali che le SOAR dispiegano ovunque, forti del fatto - per nulla scontato - di non avere una cantante ufficiale, ma di poter usare le voci di tutte e quattro indistintamente.
A mio gusto personale, preferisco quando le ragazze virano su un guitar pop più lineare alla Hinds, dove davvero sanno essere irresistibili nella semplicità dei due minuti (Corner Of A Room, Just Dirt, Lottery, Ghost), però è chiaro il loro talento anche e soprattutto quando alzano l'asticella.
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