Per noi vecchi indie-nerds il pop contemporaneo è quasi un incubo: gli artisti validi e le canzoni belle non mancano, certo, ma la scomparsa delle chitarre è un trauma da cui possiamo riprenderci solo rifugiandoci in generi che non sono evidentemente alla moda.
Poi però in giro ci sono un sacco di ragazze come la Brooklyniana Elise Okusami che, a dispetto dell'età giovanissima, sono cresciute a pane e indie degli anni Novanta, quando le chitarre erano canonicamente fragorose e imprescindibili.
Things I Never Said, l'album di debutto di Elise con il nome Oceanator, è da un lato un disco di tremenda forza ed impellenza espressiva, e dall'altro una solida macchina indie rock, in grado di mescolare immediatezza melodica e chitarre dalle spalle grosse, elettricamente grattugiate come si deve.
I nove pezzi del disco, senza concessioni a morbidezze di sorta e senza soluzione di continuità, ci accompagnano in un sofferto percorso interiore che trova un senso catartico proprio nell'energia scabra ed essenziale di ogni confezione sonora. E ci fanno conoscere una delle più talentuose singer/songwriter dei nostri giorni.
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