Ho scritto spesso e volentieri che Molly Rankin è il vero genio indie pop di questi anni. Ed è senz'altro così, ma è altrettanto indubitabile che emergano a poco a poco artiste/i in grado di rivaleggiare con la signora Alvvays.
Tra tanti, al momento la poll position se la conquista alla grande Kaley Honeycutt, che con il secondo album a nome Honey Cutt dimostra di avere tutte le carte in regola per sedere nell'olimpo del nostro genere preferito.
Cresciuta in una famiglia numerosa e poverissima nella Florida centrale e trasferitasi a studiare a Boston, Kaley si è ritrovata senza una lira a comandare una band che in origine si chiamava Baby! (Sunny, F.L. uscito nel '17 era già un gioiellino in potenza) e che ora porta, spezzato a metà, il suo cognome.
Fin dalle prime frizzanti note di Vacation, il pezzo che apre Coasting, ogni riferimento stilistico ai citati Alvvays o ai compianti Allo Darlin sembra quasi dichiarato. Ma in realtà il guitar pop solare e profumato di surf di Honeycutt si dipana nei dieci brani del disco con diverse efficaci e personali sfaccettature, mettendo al centro da una parte la voce sicura e versatile di Kaley e dall'altra la sua scrittura di profonda travolgente leggerezza. Per il resto è tutto un trionfo di chitare jangly e tremule, di cori floreali, echi, accelerazioni e ritornelli che ti si incollano addosso al primo ascolto con uno zuccheroso mastice melodico e che possiedono però un retrogusto sottilmente amaro che rende il tutto ancora più interessante.
Formidabile!
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